Il secondo giorno di
festeggiamenti inizia all’insegna del relax. Sappiamo che la sera si farà molto
tardi, quindi decidiamo di trascorrere la mattinata nella piscina del nostro
hotel. La struttura cinque stelle che abbiamo scelto, bellissima dal punto di vista
estetico, è un po’ carente da quello dei servizi, ma la grande piscina di acqua
salata è davvero uno spettacolo. Dicono che la mattina bisogna fare presto a
prendere i lettini, perché sono pochi rispetto agli ospiti effettivi
dell’hotel. E’ una caratteristica che ho letto in tante recensioni di hotel
simili a questo, ed è una cosa che mi fa un po’ rabbia. Ricordo una vacanza a
Sharm El Sheik in cui, nonostante le ore piccole della sera prima, dovevo
alzarmi all’alba per trovare posto sotto uno degli ombrelloni disponibili. Cose
come questa rendono la vacanza un po’ meno vacanza, perché sei costretto a
puntare la sveglia ricreando la stessa routine di obblighi e orari che segui
tutti i giorni nella tua città.
In questo caso non mi pesa molto,
per una mattinata al sole in completo relax ci si sacrifica volentieri. E poi
la colazione è, già di per se, un premio allettante: nell’enorme salone pieno
di tavoli (ancora abbastanza vuoto, per fortuna) si trova un buon assortimento
di cibarie dolci e salate. Diversi tipi di brioches (io scelgo quella guarnita
al pistacchio), torte, pane e marmellata confezionata e non, pietanze arabe e
continentali degne di un turista nord-europeo (non ce la farò mai a far
colazione con le uova strapazzate, dopo New York a 14 anni, ho rinunciato
definitivamente all’idea di iniziare la mattinata con un piatto che potrebbe
tranquillamente essere il mio pranzo), addirittura il banco delle crêpes da preparare al momento.
L’unica cosa che non ci convince è lo yogurt, che in quelle grandi ciotole ha
l’aria poco rassicurante (e un po’ cagliata), perciò ripieghiamo su quello
confezionato per bambini con i pupazzetti sulla confezione, al gusto un po’
inquietante di “fragola-banana”. In cambio c’è la frutta secca da metterci
dentro, fichi e datteri compresi.
Dopo esserci rifocillati e aver
preso il nostro cappuccino un po’ finto erogato, da una di quelle diaboliche
macchinette miscelatrici che oggi vanno tanto di moda nei bar degli hotel, ci
avviamo in piscina. E’ presto e di posti ce ne sono a volontà, riusciamo
persino a mettere tutti i lettini vicino in un posto comodo e ombreggiato.
Anche la piscina diventa una nuova esperienza, guardandosi attorno, perché la
clientela dell’hotel è assolutamente variegata e suscita stupore soprattutto
per i grandi contrasti culturali che riescono a convivere in modo più che
pacifico in uno stesso ambiente. Parlo soprattutto delle donne. Perché gli
uomini, alla fine, con un paio di pantaloncini, sono uguali in tutto il mondo.
Ma le donne no, per loro è diverso. Ci siamo noi, le occidentali, con i nostri
due pezzi, c’è la donna dell’Est con bikini striminzito e le enormi tette
rifatte, e poi ci sono le donne arabe, coi loro “costumi da bagno” che un
occhio, o meglio una “visione”, come la nostra riesce a comprendere solo fino a
un certo punto. Perché per alcune donne arabe il “costume” da bagno è comunque
un vestito che copre interamente il corpo, composto da una tuta nera che lascia
scoperti solo piedi e mani, a cui si sovrappone una specie di vestitino
fantasia, come un prendisole di altri tempi, spesso accompagnato da un
improbabile cappellino a cuffietta dello stesso colore. A noi sembra buffo,
visto così, ma nei negozi della città scopriamo che si tratta di tenute “di
moda” tra chi segue un certo tipo di convinzioni religioso-culturali. Di
ritorno dal mio viaggio ho fatto una ricerca e ho scoperto che questo tipo
particolare di costume si chiama “burkini”, esiste in vari modelli e pare sia
nato anche un bel business, dato che il nome è un marchio registrato e che il
prezzo di questi abiti da spiaggia sia alto né più né meno come quello di un
bel due pezzi di casa nostra. Se volete saperne di più ne trovate alcuni in vendita su questa pagina.
Naturalmente in Italia sono nate tantissime polemiche sull’uso di questo
capo d’abbigliamento, ma lascio i giudizi di valore ad altre sedi, io ho solo
trovato molto divertenti (e belle, da un lato) le differenze così nette – e
spesso estreme – tra una cultura e l’altra e mi ha fatto piacere osservare la
possibilità di “coesistenza” tra loro.
Perciò mattinata all’insegna di
sole, bagni, e lezioni gratuite di antropologia culturale.
Il pranzo “light” viene consumato al punto ristoro della piscina. In albergo di ristoranti ce ne sono almeno quattro, con menù e prezzi diversi. Quello all’aperto è molto informale ed ha una scelta abbastanza limitata, ma consente di mangiare all’ombra di una bella tettoia godendosi il fresco. L’unico neo sono i tempi di attesa. Dopo la prima esperienza, nei giorni successivi, già preparati, sappiamo che è necessario ordinare quasi un’ora prima di essere serviti, anche per una semplice insalata. I piatti sono buoni, anche se molto semplici, i costi accettabili. Decidiamo di tenerci leggeri perché la sera ci aspetta un’altra cena: quella della festa dello sposo.
La bellissima piscina di acqua salata dell'hotel |
Vale e il nuovo tatuaggio in pieno relax |
Il pranzo “light” viene consumato al punto ristoro della piscina. In albergo di ristoranti ce ne sono almeno quattro, con menù e prezzi diversi. Quello all’aperto è molto informale ed ha una scelta abbastanza limitata, ma consente di mangiare all’ombra di una bella tettoia godendosi il fresco. L’unico neo sono i tempi di attesa. Dopo la prima esperienza, nei giorni successivi, già preparati, sappiamo che è necessario ordinare quasi un’ora prima di essere serviti, anche per una semplice insalata. I piatti sono buoni, anche se molto semplici, i costi accettabili. Decidiamo di tenerci leggeri perché la sera ci aspetta un’altra cena: quella della festa dello sposo.
Questa volta riusciamo a
concederci un po’ di sano relax prima di prepararci per la serata, anche se il
taxi viene a prenderci piuttosto presto. Dobbiamo tornare alla casa dello sposo
per la “sua” serata, e sappiamo già in partenza che si faranno le ore piccole.
Stavolta, muovendoci dall’hotel verso le 18, restiamo intrappolati per
parecchio (troppo) tempo nel traffico della domenica. Percorrere la stessa
strada del giorno precedente diventa un’epopea. Le strade di Roma nell’ora di
punta ci sembrano all’improvviso un quadro di ordine e disciplina…le macchine
che ci circondano sono assolutamente ingestibili e mettono a dura prova la
pazienza del nostro autista. Lo smog è alle stelle, l’aria è densa delle nuvole
grigie degli scappamenti, le auto creano intrecci e nodi indistricabili, ogni
punto è buono per tentare di superare quella marea lenta di lamiera e motore,
si sale sui marciapiedi, approfittando di un angolo libero, si frena, si
sterza, si dribblano i vicini, ci si incastra come in un tetris mobile senza
soluzione di continuità. A più riprese il nostro autista si prende il volto tra
le mani, con aria disperata. Il viaggio che la sera prima è durato un’ora
scarsa diventa di quasi due ore e all’arrivo il conducente dichiara stremato
“qui non ci torno più”…come se fosse nostra la colpa di tutto quel caos.
Ovviamente siamo ben felici di
lasciare la vettura e di ritrovare ad attenderci i parenti dello sposo.
Stavolta i partecipanti alla festa sono diventati molti di più, primo perché
sono arrivati altri fratelli, che in genere abitano all’estero, con le loro
famiglie, secondo perché a questa particolare festa sono invitati anche tutti i
vicini del quartiere, fino a superare il centinaio di persone.
L’evento si svolge, infatti, per
la strada, proprio davanti alla casa dello sposo. Dal pomeriggio un cuoco,
ingaggiato per l’occasione, sta preparando le pietanze tipiche che compongono
il piatto della cena e che sarà distribuito a breve: cous cous con ceci, carne
stufata, mechouia, insalata, verdure. Davanti al portone è allestito un
palchetto, su cui prenderanno posto i musicisti. La musica della festa è quella
eseguita con gli strumenti tradizionali: il mizwid, una specie di cornamusa che
ha ancora la forma della pecora da cui è ricavata, la darbuka (tipico strumento
a percussione arabo) e i bendir, grossi tamburi a cornice in pelle, che vengono
fatti scaldare mettendoli ai lati del kanun, braciere di terracotta in cui si
bruciano grani di incenso, simbolo di buon augurio.
Preparazione del kanun - photo by Roberto Perrone |
I bendir vengono esposti al calore del kanun |
Il mizwid - photo by Roberto Perrone |
I tamburi si scaldano sul kanun - photo by Roberto Perrone |
Ai lati del palco sono disposte
le sedie degli spettatori, che si dispongono rigorosamente divisi secondo il
genere: gli uomini tutti a sinistra e le donne tutte a destra. Impensabile
l’idea di assistere al concerto seduta accanto a mio marito. Mi trovo, invece,
circondata da donne di tutte le età, chi arriva tardi cerca una sedia libera e
“si incastra” tra le altre spettatrici. Questi eventi pubblici diventano spesso
anche un modo per “vedere e farsi vedere”: come nelle nostre feste di
matrimonio, le donne in cerca di marito indossano i loro vestiti migliori e
sfoggiano il look più curato, nella speranza di trovare il compagno giusto…alla
fine, nella diversità, abbiamo molte più somiglianze di quelle che potremmo
immaginare.
Dopo la cena anche noi prendiamo posto per assistere alla festa. La musica è sicuramente diversa da quella araba a cui sono abituata, è di sicuro molto più “tribale” e antica…ma il ritmo resta sempre coinvolgente, tanto che, nonostante il volume assordante degli amplificatori, la gente difficilmente resta seduta e molti si lanciano allegramente nelle danze. Ha inizio la magia, crollano le divisioni, donne e uomini si incontrano al centro, davanti al palco, e spesso danzano assieme. E’ un ballo fatto di passi semplici, spesso in tre tempi, fatto di movimenti di fianchi e generalmente eseguito con le braccia allargate, ha un’allegria contagiosa, e non è difficile cedere agli inviti delle mie ospiti e buttarmi nella mischia con loro. Mi piace molto guardarmi attorno e vivere l’euforia generale…i più divertenti sono sicuramente i bambini, che spesso fanno da “riempi-pista” lanciandosi in assoli con l’abilità di ballerini provetti. Ma è bello anche vedere le diverse generazioni riunite assieme sulla “pista” che saltellano sorridendo, è un’atmosfera speciale che raramente si trova nelle nostre feste molto più “ingessate”, dove gli ospiti spesso evitano di lasciarsi andare, anche in occasioni danzanti.
Alla fine del concerto, arriva il
momento dell’”uscita di casa“. Vestito con una tunica bianca, il dito mignolo
colorato di henné, un copricapo rosso in testa, lo sposo viene portato in
spalla da familiari e amici e “sfila” tra gli applausi dei presenti. La musica
continua, si liberano nel cielo lanterne volanti, lo sposo viene “lanciato” in
aria e sorretto dagli amici tra risate e grida. La festa è al culmine, le donne
distribuiscono sacchettini di confetti a tutti gli ospiti, si sparano fuochi
artificiali e razzi luminosi. Lo sposo balla in equilibrio su un tavolo
sorretto dai più forti della famiglia. La gente ride e applaude, la musica
continua e sulle sedie non è rimasto più nessuno a guardare, tutta la strada
partecipa a questo momento di gioia e di euforia.
Alla fine del festeggiamento, una
pausa dal caos, arriva il momento dei regali: amici, parenti e vicini regalano
allo sposo una somma in denaro, che viene raccolta in un cestino. Il cantante
del gruppo è delegato a ringraziare personalmente ogni invitato al microfono
per ogni singolo dono.
La musica continua ancora per un
po’, poi piano piano i musicisti iniziano a riporre gli strumenti e a
sgomberare il palco. Le sedie vengono impilate, la strada ripulita, riprende
lentamente la normalità e il silenzio della notte. La gente comincia a salutare
e torna a casa, un po’ stordita ma sorridente. E’ stata una bella festa, un
momento di condivisione e di gioia per tutti.
Un’occasione come questa è un
piccolo tesoro che custodirò come un gioiello prezioso, se la memoria mi
tradirà, spero che restino almeno le parole scritte a ricordarlo. Partecipare
ad una festa circondata dal calore di una famiglia lontana così diversa dalla
mia, sorridersi e capirsi senza parlare la stessa lingua, ballare assieme
creando per qualche istante un legame universale che riesce a superare
qualsiasi tipo di differenza religiosa o culturale…sono istanti magici da
conservare e, se si può, da condividere. Spero di avervi fatto assaggiare
almeno un pezzetto di questa atmosfera speciale…vi racconterò ancora di questa
esperienza nel prossimo post, che parlerà dei festeggiamenti organizzati,
finalmente, per entrambi gli sposi.