giovedì 16 ottobre 2014

Imprevisti di viaggio – storia di tatuaggi e allergie

Ho deciso di introdurre una piccola parentesi nei miei resoconti di viaggio per mettervi in guardia da una pratica sempre più diffusa, soprattutto in viaggio o in vacanza, che potrebbe, in alcuni casi, rivelarsi pericolosa: quella dei tatuaggi all’henné.

Ve ne parlo per esperienza personale. Avete visto, in un post precedente, i bellissimi disegni che la “hennena” ha ricamato sulle nostre gambe e sulle mani della sposa durante la prima serata di festeggiamenti. Avete letto con quanta pazienza la signora ha eseguito i suoi dipinti sulla nostra pelle…quello che ho omesso nel mio resoconto è stato il seguito…
Una premessa: esistono vari tipi di henné per tatuaggi. O meglio, l’henné, quello vero, quello naturale, è uno solo. Diffidate da tutti gli altri aggettivi che aggiungono colorazioni improbabili, anche per i vostri capelli: tutto ciò che è “henné nero”, “henné mogano”, “henné neutro” non è henné puro, ma nel migliore dei casi un’altra erba, nel peggiore si tratta di henné naturale addizionato di altri ingredienti, tra cui potrebbero figurare composti chimici non sempre innocui.
Torniamo ai tatuaggi: quando si utilizza il “vero” henné, pura e semplice lawsonia inermis, il disegno sulla pelle risulterà di colore arancio scuro o marrone. Non sarà molto forte: per avere un colore più intenso sarà necessario fare più applicazioni e tenere il composto in posa per un tempo piuttosto lungo (diverse ore). Anche la permanenza del disegno sarà piuttosto breve, andrà via dopo qualche lavaggio.
Per ottenere, invece, un disegno di colore nero, in Tunisia si usa un altro composto, chiamato Harkous o Harkus. E’ un particolare tipo di inchiostro, molto prezioso, composto da noce di galla, chiodi di garofano, corteccia di noce, ossido di ferro o orpimento. Il processo per ottenerlo è lungo e complesso, perciò oggi viene spesso sostituito da miscele che contengono parafenilendiammina (Ppd), un componente chimico utilizzato anche nelle tinte per capelli, che può causare allergie da contatto piuttosto gravi.
La mia esperienza personale, e soprattutto quella della sposa, non sono incoraggianti.
Il mio tatuaggio ha iniziato a “prudere” il giorno dopo l’applicazione. Inizialmente in un punto solo, tanto che lì per lì mi sono detta “guarda te questa zanzara infame che mi ha punto la caviglia proprio sotto la tinta nera!”.  Dopo 48 ore il prurito si è esteso anche al resto della superficie del disegno, e sono comparse delle bolle a rilievo, per fortuna non troppo grandi e coperte dall’inchiostro, ma la sera il fastidio era diventato abbastanza forte. Ho applicato una pomata al cortisone (avevo con me il “Foille Insetti”, che utilizzo per le punture di zanzara) e il giorno dopo, dato che il prurito e le bolle erano sempre uguali, ho preso una pasticchina di Bentelan 0,50 a colazione e una a pranzo.
Il giorno dopo, rientrata in Italia, sono andata in farmacia (il mio medico era in ferie) e mi hanno confermato che la terapia che stavo seguendo era corretta. Ho soltanto aumentato leggermente la dose di Bentelan e continuato ad applicare la pomata (il farmacista mi ha detto anche che le creme al cortisone hanno tutte lo stesso dosaggio, perciò una vale l’altra, ho utilizzato quella che avevo già).
Il tatuaggio si è lentamente scolorito, doccia dopo doccia, le bolle e il prurito, per fortuna trattate tempestivamente, sono durati circa una decina di giorni. Durante questo periodo, soprattutto durante l’applicazione della pomata, ho evitato di prendere il sole sulla caviglia, proteggendola con una fasciatura quelle poche volte che ho messo piede al mare o in piscina.
Per la mia amica sposa la reazione allergica è arrivata più tardi, e sembra che questo sia il decorso più diffuso per le allergie da PPD.  I tatuaggi erano praticamente andati via, era passata più di una settimana dalla famosa serata della henna, quando su mani e piedi sono comparse tantissime bolle rosse accompagnate dall’immancabile prurito. Il risultato era un po’ spaventoso a vedersi…e soprattutto fastidiosissimo. Anche in questo caso il medico ha suggerito l’utilizzo del Bentelan, stavolta in fiale perché la superficie che presentava il problema era molto più vasta.
Alla fine la nostra disavventura sembrerebbe risolta, sono passate quasi tre settimane e io già da tempo non ho più prurito, il tatuaggio è quasi scomparso, ma ho ancora qualche macchia un po’ più rosea del solito sulla caviglia. Mi sono informata sul web, ci sono diversi siti che pubblicano foto di reazioni del genere, ma molto più violente delle nostre. A volte i sintomi si manifestano addirittura dopo 15 giorni dall’applicazione del tatuaggio temporaneo, e sembra che se non trattati nel modo corretto e tempestivamente, la sensibilizzazione può diventare più seria e creare non pochi problemi di salute. Non vorrei lanciare allarmismi inutili, ma anche il semplice prurito con le bolle non è simpatico. Considerate che spesso questi tatuaggi vengono proposti e applicati anche ai bambini perché venduti come “innocui” e soprattutto di breve durata. Mentre ero in farmacia e chiedevo informazioni, una signora che faceva la fila dietro di me mi ha detto che lo scorso anno sua figlia ha avuto lo stesso tipo di allergia per un tatuaggio simile, e che il fastidio le è rimasto per circa un mese.
Sentire tre casi di allergia da contatto in poco tempo mi ha lasciata un po’ spiazzata e mi ha convinta a scrivere questo post. Perciò, se avete intenzione di fare un tatuaggio temporaneo, fatevi prima una bella prova allergica, o utilizzate henné puro (sapendo che il disegno sarà marroncino chiaro, ma non vi riempirete di bubboni) o accertatevi prima delle sostanze presenti nella mistura che vi stanno applicando.
Se vi assicurano che è “tutto naturale”, diffidate: l’avevano detto anche a noi, la sera della festa… in più, ci sono tante piante assolutamente “naturali” e altrettanto tossiche o che contengono potenziali allergeni.
P.S. se doveste avere i sintomi di una reazione allergica al PPD, chiamate subito il medico o andate al pronto soccorso, valuteranno la gravità dell’allergia e vi consiglieranno la terapia giusta da seguire. Lasciate stare le cure “fai da te” e considerate che ogni fisico reagisce in maniera diversa, quindi la cura che è andata bene per me, potrebbe non fare altrettanto per voi.   

giovedì 18 settembre 2014

Tunisia - ultimo giorno - Un po' di turismo

L’ultima mezza giornata a Tunisi, dopo tre serate consecutive di festeggiamenti, è dedicata esclusivamente al turismo. Sveglia alle otto, colazione in hotel, il taxi ci aspetta all’uscita per iniziare la nostra visita dell’area archeologica di Cartagine.
 

Sulla strada da Tunisi a Cartagine
La prima tappa è la collina di Byrsa, da cui si gode una fantastica vista sul mare. Qui, acquistando un unico biglietto, si ha l’accesso a diverse aree in cui poter ammirare i resti dell’antica città romana. Nella prima visita, i ruderi del Foro ci deludono un po’. Del resto noi veniamo da una città dove i ruderi non mancano di certo…perciò è normale che qualche resto neanche ben conservato ci faccia poco effetto...facciamo un giretto tra basamenti di colonne ormai scomparse e sarcofagi, e proseguiamo la visita nel museo archeologico, comodo anche per sfuggire al caldo-umido che già comincia a farsi sentire.
 
Ruderi sulla collina di Byrsa


All’interno del museo, apprezzo soprattutto i mosaici policromi (ho un debole per i mosaici) e alcuni resti di statue…un po’ meno le ciotole e i “cocci”, che, come ho già scritto altrove, per quanto possano essere di alta importanza storica, si trovano un po’ in tutti i musei archeologici del mondo e alla lunga mi annoiano.

 
 
 
 
La nostra visita non dura molto, ci aspettavamo di più, anche se le cose più interessanti dobbiamo ancora vederle…
 
La seconda tappa  del nostro mini tour, si svolge presso il Teatro Romano. Della struttura originaria resta ben poco, le gradinate sono state interamente ricostruite, ha comunque una bella grandezza (è il più importante in Africa) e ospita ogni anno un festival di musica leggera con concerti di artisti provenienti da tutto il mondo.
 

L'interno del teatro Romano 

Anche stavolta il tempo di guardarci in giro, fare un paio di foto, e poi ripartiamo per la zona più interessante: le Terme di Antonino. Anche stavolta un magnifico panorama sul mare, e un parco più grande in cui disperdersi allontanandosi dalle comitive di viaggiatori in pullman alla ricerca di un angolo (e di un rudere) in cui leggere le didascalie lontano dalla folla.
In questo caso valgono molto di più le foto dei resoconti.
 
 

 
Personalmente mi aspettavo qualcosa in più da questa visita, ma devo ammettere che fa comunque un grande effetto ammirare l’arte e l’ingegno dei Romani, soprattutto davanti a una vista spettacolare con il mare turchese sullo sfondo.
 
Negozio di souvenir all'uscita delle Terme
 
Dopo l’immersione nella storia Romana, ci dirigiamo verso un’altra attrazione della zona, la cittadina di Sidi Bou Said. Anch’essa situata in cima a una collina, a 20 km da Tunisi, è nata come villaggio di pescatori e successivamente divenuta meta e residenza di artisti provenienti da ogni parte del mondo.  La caratteristica principale della città sono gli edifici dipinti in bianco, con porte e finestre decorate in blu. La passeggiata tra le sue stradine è piacevole e suggestiva, anche se i negozietti locali propongono un po’ troppa paccotaglia, basta ignorarli e proseguire il cammino alla ricerca di un altro portone da ammirare e fotografare.
Anche in questo caso, le foto valgono più della descrizione.


 
 
Una delle bellissime porte blu

 
Durante la nostra passeggiata, ci siamo fermati per una sosta presso l’edificio di Dar El Annabi, casa tradizionale di un mercante tunisino trasformata in un museo per turisti, che permette di farsi un’idea dei vari ambienti di un’abitazione locale e della vita che vi si svolge(va) ogni giorno…molto carino, un po’ inquietanti i manichini, dall’aria impolverata, ma più che altro avrei gradito qualche informazione in più sull’arredamento, sulla divisione degli spazi, ecc. Forse una visita guidata sarebbe stata utile.  In ogni caso una tappa che abbiamo fatto volentieri.
 
L'interno della casa di Dar El Annabi
 
Dopo qualche altro giro per le stradine del paese, torniamo al taxi…il nostro soggiorno a Tunisi sta per terminare. Il tempo (lungo) di un pranzo in piscina con i nostri amici, i saluti di rito, e poi via verso l’aeroporto, dove aspetteremo diverse ore, dato che il nostro volo è in ritardo. In Italia sono in corso degli scioperi e si sono scombussolati gli orari di tutti i voli. Ricordo, perché mi pare di averlo già scritto altrove, che se siete in Tunisia e dovete rientrare a casa, vi conviene spendere fino all’ultimo dinaro fuori dall’aeroporto. Una volta passato il controllo bagagli, al Duty Free è possibile pagare soltanto in Euro.
 
Il nostro viaggio termina con un volo al tramonto, bello ma rumoroso, perché i bimbi piccini di alcuni passeggeri, che già scalpitavano in aeroporto, dopo tutta quell’attesa si sono agitati non poco…deliziando la nostra oretta di viaggio con urla da Guinness dei primati.
 
 
La nostra breve (ma intensa) avventura tunisina termina qui. Porterò nel cuore e ricorderò sorridendo gli abbracci delle persone che ho conosciuto, l’emozione di danzare con loro, la felicità dei miei amici sposi, tutto quello di nuovo che ho assaggiato-visto-provato. E’ stata una bella occasione non solo di svago, ma di cultura, amicizia e condivisione.

Il prossimo viaggio sarà più vicino e un po’ meno turistico. Scopriremo (forse) assieme il mare del Salento nella mia settimana di vacanze estive.

domenica 7 settembre 2014

Tunisia – terzo giorno – Turismo e festa degli sposi


Dopo la lunga serata precedente ci sarebbe voluta una bella dormita fino a tardi. Ma i giorni a disposizione sono pochi e vorremmo vedere anche un pezzetto di città, così puntiamo la sveglia alle otto, dormiamo pochissimo e dopo una ricca colazione saliamo con i nostri amici sul taxi alla volta di Tunisi. La meta della giornata è la Medina, che raggiungiamo dopo circa mezz’ora di viaggio. Il nostro autista è molto cordiale, parla un po’ della situazione politica tunisina. Secondo lui, dalla rivoluzione in poi, le cose per i tunisini non sono migliorate come sperato, ma si assiste ad un’ondata di caos e criminalità mai vista in precedenza. Ci invita a fare molta attenzione per la strada, a tenere ben strette le borse e a non fidarsi di persone che si presentano come guide turistiche e propongono di accompagnare i turisti in giro per la città. Incoraggiante.
 
Arriviamo nel centro di Tunisi e lo troviamo affollatissimo, il traffico è denso e non scorre, l’autista ci lascia vicino a un garage e dice che ci aspetterà lì. Siamo sul limite di una grande piazza, da cui iniziano portici ampi ma stracolmi di gente, che arrivano fino all’inizio del quartiere del mercato. Sotto ai portici, le vetrine espongono principalmente scarpe e vestiti da donna. La cosa che mi colpisce particolarmente è che in molti negozi vedo scarpe cinesi (uguali a quelle che si trovano a Roma) vendute a un prezzo altissimo rispetto a quelli proposti ai clienti nella mia città. Me ne accorgo perché trovo su uno scaffale a 39000 dinari (circa 20 euro) un paio di ciabattine che prima di partire ho acquistato in offerta a “ben” sei euro. Strano. Forse perché lì i cinesi non ci sono e i negozianti tunisini si limitano ad importare…in cambio, però, la benzina  costa praticamente la metà di quanto la paghiamo nel nostro Paese. Altro che ciabattine!
Dopo le raccomandazioni un po’ traumatiche dell’autista, io e la mia amica percorriamo la strada sotto il porticato avvinghiate alle borse: la folla è talmente tanta che la passeggiata diventa poco piacevole, anche se, abitando in una metropoli non esattamente tranquilla, devo ammettere di tenermi stretta la borsa anche per le strade della mia, di città. In situazioni caotiche come questa, è sempre necessario stare all’erta, che sia Roma, Tunisi o Barcellona, la prudenza, con la gente che spintona da tutte le parti, non è mai troppa.
Arriviamo alla porta che ci ha indicato l’autista, il punto che segna l’inizio del souk. Appena varcata, infatti, si vedono i primi negozi con la merce esposta, e decidiamo di infilarci nella prima viuzza a sinistra. Tutto il mercato si articola in un intreccio di stradine strettissime, si cammina in fila indiana tra chi va e chi viene, per fermarsi a guardare è necessario entrare nei negozi per non essere spintonati. La merce in vendita è piuttosto varia: abiti tradizionali di tutte le fogge e colori (dalla più umile veste nera al caftano ricamato con cristalli luccicosi), ceramiche di tutte le fogge e colori, specchi con cornici intarsiate, piatti in rame incisi e colorati a mano, oggetti in pelle (dai portafogli alle pantofoline)…ogni negozio ha la sua specialità, e se non trovi quello che cerchi il commesso ti chiede di aspettare e va a cercarlo in una bottega vicina.

 
 
Negozio di specchi e cornici

C’è una cosa che ho apprezzato molto: non ho trovato i venditori particolarmente insistenti. In altri paesi arabi, per esempio a Sharm El Sheik, non puoi avvicinarti a guardare una vetrina che il venditore ti “aspira” letteralmente dentro il negozio. Non ti danno tregua, ti invitano a entrare e a comprare, ti mostrano mille cose di cui non hai bisogno e alla fine più che shopping diventa uno sfinimento. In questo caso invece i negozianti sono gentili ma non troppo opprimenti, ti invitano a entrare ma non ti sfiniscono, se chiedi un prezzo ti rispondono senza diventare molesti, insomma, si ritrova il piacere di fare acquisti senza lo stress di dover rifiutare offerte troppo ostinate.
I prezzi non sono alti. Per questo contrattare, anche se andrebbe fatto con una certa determinazione per ottenere sconti davvero vantaggiosi, in alcuni casi non ci sembra nemmeno troppo necessario. Riesco a trovare un paio di cose che a Roma pagherei  quattro volte tanto. Compro una galabeya che mi sarà utile come “copri-costume-da-danza”  (purtroppo quelle con i bottoni sono le meno belle) e un portafoglio in pelle azzurro. Rinuncio, invece, alle babbucce, che non mi convincono troppo e soprattutto mi sento sfinita dal caldo umido che verso le 11.30 diventa quasi insopportabile. Ci rifugiamo in un locale per comprare una bottiglia d’acqua gelata, che ci rigenera quanto serve per continuare la nostra passeggiata.
Oltre all’abbigliamento tipico (alcuni vestiti sono meravigliosi, pieni di ricami e pietre, ti verrebbe voglia di comprarli anche se non avresti nessuna occasione per poterli indossare), incontriamo bancarelle di dolciumi (e il venditore ci fa assaggiare qualche delizia appiccicosa ai datteri), ristorantini alla buona
(i piatti di cous cous hanno l’aria davvero appetitosa, ma è un po’ troppo presto per pranzare), gioiellerie, e tante altre cose. Con più tempo a disposizione, ci si potrebbe passare l’intera giornata.
Dolciumi locali
Invece mi soffermo un po’ più a lungo in una bottega che vende ceramiche: a parte le consuete tajine, piatti, coccetti di vario genere, mi sono innamorata delle mattonelle decorate. Alcune compongono dei veri e propri quadri con disegni della tradizione locale: fiori, uccelli, fontane…i colori prevalenti sono blu, giallo e verde. Bellissimi. Uno in particolare starebbe proprio bene appeso nel patio di casa mia. Passiamo un po’ di tempo a contrattare, sapendo di pagare comunque un po’ più del dovuto, ma alla fine usciamo dal negozio sorridenti col nostro pacchetto. I nostri amici hanno fatto la stessa cosa in un’altra bottega, dove hanno trovato un regalo originale per una coppia di sposi, e altre cosine da riportare a casa.
Usciamo dal mercato con le nostre buste, rispettando l’orario comunicato all’autista del taxi. Lui ci aspetta paziente alla fine dei portici, risaliamo in macchina e torniamo in hotel, giusti giusti per gustarci un’altra insalata rinfrescandoci al ristorante della piscina. Dopo pranzo, sapendo che potremmo fare le ore piccole anche oggi, torniamo in stanza per un po’ di relax.
La festa di questa sera è dedicata, finalmente, ad entrambi gli sposi. Per l’occasione amici, parenti ed altri ospiti sono invitati in una “sala delle feste” affittata ad hoc. Ancora una volta è presente la musica tradizionale, stavolta però suonata con strumenti più moderni. Al centro della sala, bianca e rinfrescata da condizionatori, è disposto una specie di “doppio trono” su cui siedono gli sposi.
L’arredamento è essenziale, ma le sedie degli sposi (bianche) sono sormontate da un baldacchino azzurro cielo. Gli invitati sono molto eleganti, soprattutto le donne, che sfoggiano fantastici abiti (con velo) ricamati con fili in oro e argento, dai colori vivaci: rosso, verde smeraldo, turchese, viola.
Una caratteristica curiosa di cui non ho ancora parlato è l’abitudine delle donne di cambiarsi più volte d’abito durante la stessa serata. Lo abbiamo notato con l’altra amica Italiana, e ci è parso buffo: ognuna delle signore presenti in sala, giovani o meno giovani, in tutte le tre occasioni di festa, dalla cena in famiglia alla sala da ballo, ha cambiato completamente il look (spesso persino le scarpe) almeno tre volte, ogni volta con un vestito (e velo abbinato) di colore e foggia diversi. Anche la bambina affettuosa della prima sera, che ormai ho ribattezzato simpaticamente “baciona” e che vorrei portare con me a casa come nipote adottiva perché è troppo simpatica, passa con disinvoltura dal vestitino in organza con tanto di cerchio e coroncina sulla testa al completino pantalone in cotone quasi da mare. Lei, così graziosa con qualsiasi stile, passa la serata a regalarci dei fiori che ha “rubato” da un addobbo su un tavolo, per poi riprenderli, rimetterli a posto e sostituirli con altri: prima rose, poi garofani, poi si riprende tutto e lo porta a qualcun altro, raccontandoci in arabo (!!!) cose e motivi di cui, ahimé, non riusciamo a capire nemmeno mezza parola.
Gli sposi sono raggianti ed elegantissimi. C. la mattina della festa era un po’ preoccupata per l’acconciatura e il trucco che le avrebbe fatto la parrucchiera. Pare che la moda locale in fatto di spose sia un po’ fastosa” e sicuramente più “carica” rispetto a quella Italiana. Anche a noi amiche ha suggerito di indossare abiti più luccicanti del solito e accessori un po’ vistosi. Io, che di vistoso ho giusto qualche abito di danza che non era proprio adatto per l’occasione, ho rispolverato un vestito comprato diversi anni fa per un capodanno a Parigi e che avevo chiuso nell’armadio e, con qualche accessorio strategico, si è rivelato la scelta giusta. In ogni caso, preoccupazioni a parte, la sposa è perfetta. La parrucchiera ha imposto il toupet che rialza l’acconciatura, ma è riuscita a sistemare i capelli con cura evitando il tanto temuto effetto “Moira Orfei”. Anche col trucco ha lavorato bene, esaltando i tratti del viso un po’ più del solito ma senza eccessi, insomma, la mia amica sposa sta benissimo e brilla come una stella, non per gli strass sul vestito, ma per la luce nei suoi occhi e per il suo bel sorriso radioso.         
Durante la serata agli ospiti vengono offerti pasticcini di varia forma e colore, principalmente a base di mandorle, e succhi di frutta; il mio, alle fragole, è davvero buono. Noi però non abbiamo cenato…c’è stato un piccolo disguido sull’orario dell’appuntamento e pensando di non fare in tempo abbiamo preso solo un aperitivo in hotel mentre aspettavamo gli sposi. Per fortuna tra musica, balli, foto, succhi di frutta, chiacchiere e sorrisi la fame non si fa sentire troppo…
Anche stavolta si fa piuttosto tardi e la serata si conclude, inaspettatamente attorno a un tavolino di un venditore di kebab, nel cuore della notte, in uno scenario un po’ surreale: la strada buia, le luci del negozio, gattini randagi un po’ troppo avventurosi, sposi e ospiti eleganti che mangiano panini e patatine fritte. Io, lo ammetto, a questo punto sono completamente lessa…felice sì, per aver partecipato a tutte queste esperienze assieme, ma anche un po’ stanca, anche per colpa del maledetto mal di testa che dall’aeroporto un poi ha deciso di affezionarsi e fare capolino per diverse ore al giorno tutti i santi giorni.
Eppure, non contenta, nonostante l’orario segni già l’arrivo della mattina seguente, punto la sveglia alle 8 perché domani pomeriggio si parte e noi abbiamo ancora un paio di cosine da vedere…chi pensava che fosse una “vacanza relax” si sbaglia di grosso, eppure, se dovessi tornare indietro, non credo che rinuncerei a nessuna delle cose che ho fatto\visto\vissuto in questi giorni. Per la nostra ultima mezza giornata a Tunisi, ci aspetta un altro po’ di turismo…e per voi, un po’ più di foto e racconti nel prossimo post.   
 

giovedì 28 agosto 2014

Tunisia - giorno 2 - La festa dello sposo

Il secondo giorno di festeggiamenti inizia all’insegna del relax. Sappiamo che la sera si farà molto tardi, quindi decidiamo di trascorrere la mattinata nella piscina del nostro hotel. La struttura cinque stelle che abbiamo scelto, bellissima dal punto di vista estetico, è un po’ carente da quello dei servizi, ma la grande piscina di acqua salata è davvero uno spettacolo. Dicono che la mattina bisogna fare presto a prendere i lettini, perché sono pochi rispetto agli ospiti effettivi dell’hotel. E’ una caratteristica che ho letto in tante recensioni di hotel simili a questo, ed è una cosa che mi fa un po’ rabbia. Ricordo una vacanza a Sharm El Sheik in cui, nonostante le ore piccole della sera prima, dovevo alzarmi all’alba per trovare posto sotto uno degli ombrelloni disponibili. Cose come questa rendono la vacanza un po’ meno vacanza, perché sei costretto a puntare la sveglia ricreando la stessa routine di obblighi e orari che segui tutti i giorni nella tua città.
 
In questo caso non mi pesa molto, per una mattinata al sole in completo relax ci si sacrifica volentieri. E poi la colazione è, già di per se, un premio allettante: nell’enorme salone pieno di tavoli (ancora abbastanza vuoto, per fortuna) si trova un buon assortimento di cibarie dolci e salate. Diversi tipi di brioches (io scelgo quella guarnita al pistacchio), torte, pane e marmellata confezionata e non, pietanze arabe e continentali degne di un turista nord-europeo (non ce la farò mai a far colazione con le uova strapazzate, dopo New York a 14 anni, ho rinunciato definitivamente all’idea di iniziare la mattinata con un piatto che potrebbe tranquillamente essere il mio pranzo), addirittura il banco delle crêpes da preparare al momento. L’unica cosa che non ci convince è lo yogurt, che in quelle grandi ciotole ha l’aria poco rassicurante (e un po’ cagliata), perciò ripieghiamo su quello confezionato per bambini con i pupazzetti sulla confezione, al gusto un po’ inquietante di “fragola-banana”. In cambio c’è la frutta secca da metterci dentro, fichi e datteri compresi.
 
Dopo esserci rifocillati e aver preso il nostro cappuccino un po’ finto erogato, da una di quelle diaboliche macchinette miscelatrici che oggi vanno tanto di moda nei bar degli hotel, ci avviamo in piscina. E’ presto e di posti ce ne sono a volontà, riusciamo persino a mettere tutti i lettini vicino in un posto comodo e ombreggiato. Anche la piscina diventa una nuova esperienza, guardandosi attorno, perché la clientela dell’hotel è assolutamente variegata e suscita stupore soprattutto per i grandi contrasti culturali che riescono a convivere in modo più che pacifico in uno stesso ambiente. Parlo soprattutto delle donne. Perché gli uomini, alla fine, con un paio di pantaloncini, sono uguali in tutto il mondo. Ma le donne no, per loro è diverso. Ci siamo noi, le occidentali, con i nostri due pezzi, c’è la donna dell’Est con bikini striminzito e le enormi tette rifatte, e poi ci sono le donne arabe, coi loro “costumi da bagno” che un occhio, o meglio una “visione”, come la nostra riesce a comprendere solo fino a un certo punto. Perché per alcune donne arabe il “costume” da bagno è comunque un vestito che copre interamente il corpo, composto da una tuta nera che lascia scoperti solo piedi e mani, a cui si sovrappone una specie di vestitino fantasia, come un prendisole di altri tempi, spesso accompagnato da un improbabile cappellino a cuffietta dello stesso colore. A noi sembra buffo, visto così, ma nei negozi della città scopriamo che si tratta di tenute “di moda” tra chi segue un certo tipo di convinzioni religioso-culturali. Di ritorno dal mio viaggio ho fatto una ricerca e ho scoperto che questo tipo particolare di costume si chiama “burkini”, esiste in vari modelli e pare sia nato anche un bel business, dato che il nome è un marchio registrato e che il prezzo di questi abiti da spiaggia sia alto né più né meno come quello di un bel due pezzi di casa nostra. Se volete saperne di più ne trovate alcuni in vendita su questa pagina.  Naturalmente in Italia sono nate tantissime polemiche sull’uso di questo capo d’abbigliamento, ma lascio i giudizi di valore ad altre sedi, io ho solo trovato molto divertenti (e belle, da un lato) le differenze così nette – e spesso estreme – tra una cultura e l’altra e mi ha fatto piacere osservare la possibilità di “coesistenza” tra loro. 
Perciò mattinata all’insegna di sole, bagni, e lezioni gratuite di antropologia culturale.

La bellissima piscina di acqua salata dell'hotel

Vale e il nuovo tatuaggio in pieno relax

Il pranzo “light” viene consumato al punto ristoro della piscina. In albergo di ristoranti ce ne sono almeno quattro, con menù e prezzi diversi. Quello all’aperto è molto informale ed ha una scelta abbastanza limitata, ma consente di mangiare all’ombra di una bella tettoia godendosi il fresco. L’unico neo sono i tempi di attesa. Dopo la prima esperienza, nei giorni successivi, già preparati, sappiamo che è necessario ordinare quasi un’ora prima di essere serviti, anche per una semplice insalata. I piatti sono buoni, anche se molto semplici, i costi accettabili.  Decidiamo di tenerci leggeri perché la sera ci aspetta un’altra cena: quella della festa dello sposo.
 
Questa volta riusciamo a concederci un po’ di sano relax prima di prepararci per la serata, anche se il taxi viene a prenderci piuttosto presto. Dobbiamo tornare alla casa dello sposo per la “sua” serata, e sappiamo già in partenza che si faranno le ore piccole. Stavolta, muovendoci dall’hotel verso le 18, restiamo intrappolati per parecchio (troppo) tempo nel traffico della domenica. Percorrere la stessa strada del giorno precedente diventa un’epopea. Le strade di Roma nell’ora di punta ci sembrano all’improvviso un quadro di ordine e disciplina…le macchine che ci circondano sono assolutamente ingestibili e mettono a dura prova la pazienza del nostro autista. Lo smog è alle stelle, l’aria è densa delle nuvole grigie degli scappamenti, le auto creano intrecci e nodi indistricabili, ogni punto è buono per tentare di superare quella marea lenta di lamiera e motore, si sale sui marciapiedi, approfittando di un angolo libero, si frena, si sterza, si dribblano i vicini, ci si incastra come in un tetris mobile senza soluzione di continuità. A più riprese il nostro autista si prende il volto tra le mani, con aria disperata. Il viaggio che la sera prima è durato un’ora scarsa diventa di quasi due ore e all’arrivo il conducente dichiara stremato “qui non ci torno più”…come se fosse nostra la colpa di tutto quel caos.

Ovviamente siamo ben felici di lasciare la vettura e di ritrovare ad attenderci i parenti dello sposo. Stavolta i partecipanti alla festa sono diventati molti di più, primo perché sono arrivati altri fratelli, che in genere abitano all’estero, con le loro famiglie, secondo perché a questa particolare festa sono invitati anche tutti i vicini del quartiere, fino a superare il centinaio di persone.
 
L’evento si svolge, infatti, per la strada, proprio davanti alla casa dello sposo. Dal pomeriggio un cuoco, ingaggiato per l’occasione, sta preparando le pietanze tipiche che compongono il piatto della cena e che sarà distribuito a breve: cous cous con ceci, carne stufata, mechouia, insalata, verdure. Davanti al portone è allestito un palchetto, su cui prenderanno posto i musicisti. La musica della festa è quella eseguita con gli strumenti tradizionali: il mizwid, una specie di cornamusa che ha ancora la forma della pecora da cui è ricavata, la darbuka (tipico strumento a percussione arabo) e i bendir, grossi tamburi a cornice in pelle, che vengono fatti scaldare mettendoli ai lati del kanun, braciere di terracotta in cui si bruciano grani di incenso, simbolo di buon augurio.
 
Preparazione del kanun - photo by Roberto Perrone
 
 
I bendir vengono esposti al calore del kanun

Il mizwid - photo by Roberto Perrone

I tamburi si scaldano sul kanun - photo by Roberto Perrone
 
Ai lati del palco sono disposte le sedie degli spettatori, che si dispongono rigorosamente divisi secondo il genere: gli uomini tutti a sinistra e le donne tutte a destra. Impensabile l’idea di assistere al concerto seduta accanto a mio marito. Mi trovo, invece, circondata da donne di tutte le età, chi arriva tardi cerca una sedia libera e “si incastra” tra le altre spettatrici. Questi eventi pubblici diventano spesso anche un modo per “vedere e farsi vedere”: come nelle nostre feste di matrimonio, le donne in cerca di marito indossano i loro vestiti migliori e sfoggiano il look più curato, nella speranza di trovare il compagno giusto…alla fine, nella diversità, abbiamo molte più somiglianze di quelle che potremmo immaginare.

Dopo la cena anche noi prendiamo posto per assistere alla festa. La musica è sicuramente diversa da quella araba a cui sono abituata, è di sicuro molto più “tribale” e antica…ma il ritmo resta sempre coinvolgente, tanto che, nonostante il volume assordante degli amplificatori, la gente difficilmente resta seduta e molti si lanciano allegramente nelle danze. Ha inizio la magia, crollano le divisioni, donne e uomini si incontrano al centro, davanti al palco, e spesso danzano assieme. E’ un ballo fatto di passi semplici, spesso in tre tempi, fatto di movimenti di fianchi e generalmente eseguito con le braccia allargate, ha un’allegria contagiosa, e non è difficile cedere agli inviti delle mie ospiti e buttarmi nella mischia con loro. Mi piace molto guardarmi attorno e vivere l’euforia generale…i più divertenti sono sicuramente i bambini, che spesso fanno da “riempi-pista” lanciandosi in assoli con l’abilità di ballerini provetti. Ma è bello anche vedere le diverse generazioni riunite assieme sulla “pista” che saltellano sorridendo, è un’atmosfera speciale che raramente si trova nelle nostre feste molto più “ingessate”, dove gli ospiti spesso evitano di lasciarsi andare, anche in occasioni danzanti.
 
Alla fine del concerto, arriva il momento dell’”uscita di casa“. Vestito con una tunica bianca, il dito mignolo colorato di henné, un copricapo rosso in testa, lo sposo viene portato in spalla da familiari e amici e “sfila” tra gli applausi dei presenti. La musica continua, si liberano nel cielo lanterne volanti, lo sposo viene “lanciato” in aria e sorretto dagli amici tra risate e grida. La festa è al culmine, le donne distribuiscono sacchettini di confetti a tutti gli ospiti, si sparano fuochi artificiali e razzi luminosi. Lo sposo balla in equilibrio su un tavolo sorretto dai più forti della famiglia. La gente ride e applaude, la musica continua e sulle sedie non è rimasto più nessuno a guardare, tutta la strada partecipa a questo momento di gioia e di euforia.
 
Alla fine del festeggiamento, una pausa dal caos, arriva il momento dei regali: amici, parenti e vicini regalano allo sposo una somma in denaro, che viene raccolta in un cestino. Il cantante del gruppo è delegato a ringraziare personalmente ogni invitato al microfono per ogni singolo dono.
 
La musica continua ancora per un po’, poi piano piano i musicisti iniziano a riporre gli strumenti e a sgomberare il palco. Le sedie vengono impilate, la strada ripulita, riprende lentamente la normalità e il silenzio della notte. La gente comincia a salutare e torna a casa, un po’ stordita ma sorridente. E’ stata una bella festa, un momento di condivisione e di gioia per tutti.
 
Un’occasione come questa è un piccolo tesoro che custodirò come un gioiello prezioso, se la memoria mi tradirà, spero che restino almeno le parole scritte a ricordarlo. Partecipare ad una festa circondata dal calore di una famiglia lontana così diversa dalla mia, sorridersi e capirsi senza parlare la stessa lingua, ballare assieme creando per qualche istante un legame universale che riesce a superare qualsiasi tipo di differenza religiosa o culturale…sono istanti magici da conservare e, se si può, da condividere. Spero di avervi fatto assaggiare almeno un pezzetto di questa atmosfera speciale…vi racconterò ancora di questa esperienza nel prossimo post, che parlerà dei festeggiamenti organizzati, finalmente, per entrambi gli sposi.  

lunedì 25 agosto 2014

Tunisia parte 1 - la festa della sposa

Importante: in questo post non appaiono foto dei "protagonisti" per questioni di privacy. Ringrazio la mia amica sposa per avermi autorizzato a pubblicare alcune immagini di questi momenti speciali. Le foto sono mie, oppure, dove indicato, dell'amico Roberto Perrone.

Il nostro arrivo in hotel (di cui parlerò in modo più approfondito in un altro post) è stato piuttosto movimentato, perché, dato che siamo arrivati in ritardo rispetto all’orario prestabilito, abbiamo avuto appena il tempo di posare le valige, cambiarci al volo, mangiucchiare un panino (di corsa, perché è arrivato tardi anche lui) e risalire su un taxi. Destinazione: Tunisi, zona periferica, a circa 50 km dal nostro hotel (che si trova a Gammarth). Ci stiamo dirigendo verso la casa dello sposo, che per l’occasione ospiterà le donne della famiglia, la sposa e le sue ospiti italiane per la cerimonia della henna.
Sul taxi, mentre le mie amiche chiacchierano con l’autista (incuriosito di vedere tre straniere che si aggirano in zone poco note della città) io guardo dal finestrino cercando di ingannare il mal di testa…il panorama all’esterno non è molto confortante: i bordi delle strade sono pieni di immondizia, prevalentemente buste di plastica, cani randagi (non ne ho avevo mai visti così tanti, di tutte le taglie e incroci possibili) e case in costruzione. Caratteristica del posto, infatti, è che quando decidono di costruirsi una casa, gli abitanti gettano fondamenta e iniziano a mettere su quello che possono permettersi al momento, lasciando gli edifici incompleti fino a quando non trovano altri soldi o altre occasioni per continuare l’opera. Il risultato, che mi aveva già sbalordita nella zona di Djerba, sono case basse con ferri sporgenti in alto, edifici da intonacare con portoni perfettamente verniciati, o intonacati ma senza finestre, scheletri di lavori mai portati a termine, tutto senza soluzione di continuità. E in questo caos edilizio, uomini (e solo uomini) seduti ai bar per la strada, donne velate che camminano, spesso in coppia, verso mete sconosciute affondando i sandali nella polvere (non ho visto marciapiedi da nessuna parte)…poi, all’improvviso, in un panorama di miseria, ecco apparire una panetteria ipermoderna o un centro commerciale in mezzo al nulla.

Vedo anche diversi posti di blocco (anche se non ci fermano mai, non sono rassicuranti), motorini, spesso con 3 persone a bordo che ci superano da ogni lato, insomma…una situazione del tutto fuori dalla realtà a cui sono abituata e che però, devo ammetterlo, non mi piace un granché. Sapevo di trovare una vita più semplice, ma non pensavo di trovare degli aspetti di abbandono e trascuratezza che mi hanno rattristata un po’.
 
Il nostro “caldissimo” viaggio (il taxi non ha l’aria condizionata) è abbastanza lungo…al nostro arrivo l’autista ci lascia praticamente in mezzo alla strada: non conosce il quartiere, perché i turisti non arrivano mai in questa zona della città, non ne hanno motivo: non ci sono monumenti o cose da vedere, ma solo le case della gente comune. Io mi rallegro: non ci sarà nulla di artificiale o costruito ad hoc, sto per entrare nella vita di tutti i giorni di una famiglia tunisina. Camminiamo tra le bancarelle situate ai lati della strada. Si sente forte il profumo delle verdure (grossi mazzi di prezzemolo fanno bella mostra nel negozietto vicino a noi) e nel frattempo viene ad accoglierci uno dei fratelli dello sposo.
 
La famiglia di M. è molto simpatica e ha il calore dell’accoglienza mediterranea. Entrare a casa loro mi ha ricordato i resoconti di chi descrive l’ospitalità tipica delle regioni del Sud Italia. La casa affaccia su una stradina secondaria, dal piccolo cancello si accede ad un terrazzo-cortile rivestito di maioliche. Qui sediamo, raccolti attorno a un tavolo, dopo che diversi familiari hanno abbracciato e baciato ciascuno di noi. Il saluto tradizionale tra persone che si conoscono bene, prevede di scambiarsi ben quattro baci sulle guance invece dei due a cui siamo abituati noi. Il nostro ingresso è stato tutto un divertente abbraccio…la famiglia è numerosa e salutare tutti è stato lungo ma piacevole. Chi ci parla in francese, chi azzarda qualche parola in italiano, chi, come i più anziani, ci rivolgono sorrisi e parole affettuose…in arabo, che non riusciamo a capire, ma si interpretano facilmente: quando l’intenzione è positiva, ci si capisce subito in qualsiasi lingua del mondo.

Arriva subito a tavola una bottiglia d’acqua fresca e uno spuntino salato: verdure, insalata, olive, cosine da mangiucchiare per merenda. Non tante cose, perché stasera è prevista un’abbondante cena…Nel frattempo le donne si spostano all’interno della casa, nella sala destinata ad accogliere la sposa e la “hannena”, la signora esperta nel decorare il corpo con l’henné. La sala principale è stata decorata per l’occasione con una nuova tenda, sovrapposta a quelle bianche normalmente presenti. E’ di tessuto pesante marrone scuro, ricca di decorazioni. A terra un tappeto azzurro con disegni di fiori. Le donne di casa si tolgono le scarpe per salirci sopra e noi le imitiamo, per non rovinarlo. La sposa segue la suocera al piano di sopra: deve indossare qualcosa di speciale durante la tintura di mani e piedi, bisogna trovare un vestito adatto. Noi ci guardiamo attorno sorridendo, dimentichiamo per un paio d’ore i mariti fuori in terrazza, e chiacchieriamo con le sorelle e le cognate dello sposo in francese. Sono donne di tutte le età, tutte indossano abiti tradizionali, qualcuno più decorato, qualcuno meno. La maggior parte ha il capo coperto da un velo, fin sotto al mento. Un paio hanno la testa scoperta e non se ne fanno problema. Da quel che mi racconta la mia amica, la Tunisia è uno dei paesi arabi più liberali in materia di codice d’abbigliamento. Le donne che scelgono di coprirsi lo fanno per scelta personale o per rispetto delle tradizioni familiari, ma non sono obbligate per legge. Una delle cognate più giovani, ad esempio, una ragazza bellissima dal volto truccato alla perfezione, indossa un abito elegantissimo nero, con intarsi turchesi su corpo e maniche, e un velo in tinta che le incornicia il volto lasciando scoperto solo il mento e l’ovale del viso. Una sorella dello sposo, invece, porta un semplice caftano senza velo sulla testa e un’altra donna ancora, più giovane, ha i capelli schiariti dalle mèches e tirati indietro in una coda sulla testa, come qualsiasi occidentale della sua età. Il clima è allegro e vitale, una bimba delizia parenti e ospiti (donne, ovviamente) dispensando bacini a tutte, la sposa riscende con una bellissima tunica di raso verde chiaro, arricchita da vistosi ricami dorati. Tutto è pronto per cominciare: la hannena tira fuori la sua “scatolina magica” con la mistura di henna, e inizia a decorare i piedi della sposa. Prima dipinge le piante interamente di nero, tra un risolino e l’altro della mia amica che sobbalza per il solletico, poi inizia lentamente a decorare ogni dito, cominciando attorno alle unghie e poi sulle falangi, poi ancora i bordi, che colora con motivi di fiori intrecciati come in un ricamo, per risalire infine sul collo del piede e sulle caviglie. Successivamente, passa alle mani. Sotto la sedia, per evitare di rovinare il tappeto, sono stati sistemati dei teli di plastica.     
 


Il decoro ha inizio - photo by Roberto Perrone


La hannena al lavoro
 

Le mani della sposa - photo by Roberto Perrone
 
Nel frattempo, le altre donne nella stanza, danno inizio ai festeggiamenti: portano uno stereo, mettono un cd di musica tradizionale e iniziano le danze. Sono bellissime, ed è proprio questa la festa che volevo vedere, quella di cui sai solo per sentito dire e adesso è qui davanti a te e la stai vivendo assieme a loro! Che bella emozione! L’euforia è contagiosa, e ovviamente le nostre ospiti coinvolgono subito anche noi. I passi non li conosco, ma seguo i loro movimenti al ritmo della musica e in breve le vedo entusiaste e sorridenti. Qualcuna mi fa i complimenti, altre applaudono, un’altra alza il pollice in segno di approvazione. La mia amica sposa mi sorride, con i piedi dipinti sospesi ad asciugare su una sedia, e con un tono complice di chi mi capisce in pieno mi chiede “…ti diverti, eh???”. Sì, mi sto divertendo, ma più che altro mi sto godendo un momento speciale, perché per me la danza, la sua vera essenza, è proprio questa: gioia, condivisione, emozione, positività. E’ quello che cerco quando ballo, quello che cerco di restituire a chi mi guarda quando ho un pubblico davanti, senza pretese falsamente “artistiche”, emozionarmi, emozionare…cosa che nella vita di tutti i giorni avviene sempre meno, ma che è importante per sentirsi bene e per sentirsi, soprattutto, vivi.   

Nelle pause tra una danza e l’altra, la hannena continua il suo lavoro dipingendo mani e piedi delle altre donne. Tocca anche a noi. Io chiedo solo un piccolo disegno sulla caviglia…che in corso d’opera diventa un ricco ghirigoro tribale con fiori e puntini. Per le mani (e meno, male, come scoprirò qualche giorno più tardi) invece declino l’invito ringraziando…ho pensato a quello che succederebbe presentandomi al lavoro tutta dipinta, a maggior ragione nel nuovo ufficio, con quel capo che ancora non mi conosce bene e che, come tutti gli estranei, potrebbe metterci un attimo a farsi strane idee o a disapprovare brontolando la mia tenuta poco adatta all’ambiente. Meglio rinunciare ai ghirigori troppo evidenti, quello sul piede si può nascondere con facilità sotto la scrivania e sono sicura che non darà fastidio a nessuno. Così dopo la decorazione mi siedo accanto alla sposa vicino a un ventilatore, per far asciugare prima la mistura nera che ricopre la pelle. Un particolare importante: esistono vari tipi di decorazione con l’henné. Quella effettuata con henné puro, è di colore arancio-marrone, dura pochi giorni ma è assolutamente naturale, non tossica e soprattutto in rarissimi casi provoca allergie. Quella nera utilizzata questa volta, però, è differente: spicca di più il disegno, che è più simile ad un tatuaggio vero, e in teoria dovrebbe durare fino a due settimane. Dei suoi effetti “postumi” parleremo più in là…adesso torniamo alla festa.
 
Mani e piedi della sposa - il decoro finale
 
Dopo un’ora di attesa l’henné è pronto per essere sciacquato via. Ci portano una saponetta speciale di colore verde, la suocera lava i piedi della nuora immergendoli in una tinozza, io vado a sciacquare la mia decorazione ad una fontanella del cortiletto, dove trovo gli uomini (almeno quelli italiani) che mi guardano incuriositi “ma come, sei stata tanto tempo lì ferma e ora lo lavi via?”…in realtà si lava via solo l’eccesso, il disegno resta vivo e brillante sul mio piede, i contorni si fanno più netti e definiti, un piccolo capolavoro di artigianato che valeva l’attesa. 
 
 
Il mio tatuaggio
 
 
Mentre il sole tramonta, le donne di casa hanno terminato le loro decorazioni e si comincia ad apparecchiare per la cena. A tavola troviamo tante cose buone, tra cui il brick, un sfoglia di pasta ripiena di tonno, uova e formaggio (che avevo già assaggiato anche altrove) e la scoperta del viaggio, la mechouia, un’insalata composta da una crema a base di peperoni verdi piccanti, pomodori e cipolla arrostiti, condita con olio d’oliva e accompagnata da uova sode a spicchi e, in alcune occasioni, da pezzi di tonno. Buonissima. Ho deciso che proverò a rifarla anche a casa, ma proverò a sostituire i peperoni piccanti con quelli normali, perché non amo i piatti troppo “hot”. Ci sono anche carne, altra insalata, pane tipo baguette, insomma, una cena in famiglia con persone sconosciute che diventano, però, quasi parenti anche nostri, tanto l’atmosfera è rilassata e festosa.
 
La cena si protrae fino a tardi…difficile trovare un taxi nel cuore della notte nel quartiere, così i nostri amici si organizzano e con due macchine ci riportano in hotel, stanchi ma contenti…e curiosi di quello che ci aspetterà la giornata seguente.  

giovedì 21 agosto 2014

Avventure d'agosto - Matrimonio in Tunisia

Questo non è solo il racconto di un semplice viaggio, ma di un’esperienza che non capita tutti i giorni. In qualsiasi momento posso prendere il pc e prenotare un biglietto aereo per qualunque destinazione del mondo (soldi permettendo, ovviamente, e quelli non sempre sono disponibili), ma ci sono occasioni che arrivano inaspettate e ti consentono di vivere per qualche tempo fuori dalla tua “dimensione” abituale, elementi che rendono un viaggio davvero più ricco e speciale.

Oggi inizierò a raccontarvi della mia avventura tunisina, non da semplice turista in vacanza, ma come invitata ufficiale a un matrimonio locale.

La vicenda ha inizio dall’annuncio di una mia amica e del suo simpatico fidanzato: metti una sera a cena fuori in bisteccheria, tavolo da 6, davanti a un filetto al sangue e un bicchiere di vino rosso, tra una chiacchiera e l’altra arriva la notizia: “Ragazzi, io e M. ci sposiamo, e vorremmo invitarvi al nostro matrimonio in Tunisia!”

Noi donne del gruppo, che ci conosciamo proprio frequentando assieme un corso di danza orientale, attratte da sempre dal fascino e dai segreti del mondo arabo, non ci facciamo ripetere l’invito due volte: primo, perché saremo felici di festeggiare assieme le nozze di C., secondo perché potremo assistere per la prima volta dal vivo a quel momento di celebrazione particolare di cui abbiamo tanto sentito parlare in questi anni.

Il matrimonio arabo, infatti, prevede una lunga serie di festeggiamenti e rituali, che in genere durano per una settimana intera. Nel nostro caso, invece, i giorni di festa effettivi saranno ridotti a tre, perché le nozze ufficiali si svolgeranno in Italia, ma ci sarà offerta comunque l’occasione di vivere di persona una tradizione del tutto differente dalla nostra.

Prenoto un pacchetto volo + hotel per Tunisi a maggio per agosto…Decido di prendere una stanza nello stesso hotel che la sposa ha scelto per ospitare sua madre, in modo che gli spostamenti di gruppo siano più facili per tutti. Inoltre, dalla presentazione del sito internet sembra proprio un bel posto. Il costo per il viaggio più 3 notti di soggiorno in un apparentemente lussuoso 5 stelle viene 426 euro a persona (nel caso foste interessati a trascorrere un weekend lungo nello stesso posto, sapete cosa aspettarvi).

Nel periodo tra la prenotazione e la partenza…ci siamo preparate ad acquistare abiti eleganti (che ci serviranno il terzo giorno di festa) abbiamo festeggiato e ballato con gli sposi il loro matrimonio italiano (le nozze sono state celebrate con rito civile in Italia, quindi doppio festeggiamento, locale ed estero), abbiamo atteso con curiosità e impazienza i giorni prima della partenza.

Quando viaggio, di solito scelgo sempre il primo volo del mattino perché, dato che in genere il tempo a disposizione è limitato, mi piace sfruttarlo al massimo. In questo caso, purtroppo, la mia non è stata una scelta felice. Il nostro aereo è atterrato puntuale, ma c’erano amici da aspettare che arrivavano con altri voli…così invece di salire sul primo taxi per l’hotel abbiamo concordato di restare ad aspettarli in aeroporto per andare in hotel tutti assieme. Abituati al caos della mia città, non pensavo di trovare un posto più affollato…e invece sì: l’aeroporto di Tunisi non è grande, ma brulica di vita…Ai tavoli del bar centrale si fatica a trovare un posto libero, le sedie si raccattano dai clienti vicini che non le utilizzano. C’è molto rumore. Troppo. E poi si fuma. Troppo. Nonostante i divieti esposti su tutte le colonne, vige un po’ di anarchia, e le sigarette vengono ostentate senza problemi e senza pericolo di essere puniti con una multa. E’ una sorta di strana tolleranza, ma io non sono più abituata ai locali fumosi…ricordo quando a vent’anni tornavo dalla discoteca puzzolente come una ciminiera spenta…dovevo mettere il cappotto appeso fuori dalla stanza per non asfissiare di puzza durante il resto della notte…ecco, vent’anni dopo la stessa sensazione, ma con un effetto diverso, un brutto mal di testa che mi accompagna per gran parte del soggiorno e che mi rovina buona parte della vacanza. Tenetelo a mente se siete allergici, asmatici, ecc…Scappate dall’aeroporto il più presto possibile se non volete sentirvi male. Altra piccola disavventura è stata la fila per il cambio, lunghissima, lentissima. 10.000 dinari tunisini valgono circa 5 euro. Cambiateli all’arrivo ma ricordate di spenderli tutti prima di andare via: nel duty free dell’aeroporto accettano solo pagamenti in Euro, e quei pochi spicci che avevamo conservato per qualche acquisto prima di partire ci son rimasti sul groppone nel viaggio di ritorno. Elemento particolare dell’aeroporto: il soffitto decorato in stile arabo, bello e colorato, una specie di “tetto” di mattonelle colorate che da’ un tocco originale ad un luogo altrimenti abbastanza anonimo.

All’uscita dell’aeroporto il caldo è davvero parecchio il programma meteo del mio smartphone già da Roma mi aveva preannunciato valori massimi di 39 gradi…e guai a pensare che sia caldo secco, è una leggenda metropolitana. Con i taxi si deve barattare sul prezzo della corsa, il costo non è comunque alto, quindi se non siete del posto e non siete informati sulle tariffe effettive hotel-aeroporto il tassista vi “fregherà” comunque: a voi sembrerà di aver speso poco, lui avrà spennato il suo pollo…tutti e due resterete soddisfatti della transazione.

Qualche anno fa, proprio in occasione di un breve viaggio in Tunisia, chiesi alla poco simpatica guida del nostro mini tour un consiglio su come e “quanto” contrattare con un negoziante in queste occasioni. Lui mi ha risposto (criptico, come tutti i tunisini a cui ho tentato di rivolgere la stessa domanda) che si deve pagare per una merce ciò che noi riteniamo “giusto”…una bella filosofia, specialmente considerando che il costo della vita nei due paesi è molto differente. Ma da un altro punto di vista, in effetti, alcune cose per noi costano effettivamente poco e più di una volta mi è capitato di acquistare qualcosa pensando con soddisfazione di aver fatto un buon affare. C’è da aggiungere che io sono negata per le contrattazioni…e da un lato faccio male, ho imparato, da chi sta spesso accanto a me, che chiedere uno sconto non è poi così sbagliato, visto che anche nel nostro paese protetto da leggi a tutela del consumatore (mah) su alcuni beni i negozianti hanno margini di guadagno piuttosto alti.

Una volta accordata la cifra per il tragitto, saliamo sul taxi. Qui le macchine sono quasi tutte molto vecchie, modelli che circolavano in Italia una quindicina d’anni fa, e soprattutto non esiste nessun tipo di controllo per tutto ciò che riguarda fumi di scarico, manutenzione, bollino blu. Il risultato è salire a bordo di vetture in cui non si tira giù il finestrino perché la maniglia è rotta, i poggiatesta sono presenti solo da un lato, l’aria condizionata è morta ormai da anni, il parasole è fatto con un pezzo di cartone raccattato per strada. E gli scappamenti emettono una miscela di gas abbastanza fetente. Il parchimetro difficilmente viene messo in funzione, mai per tutta la durata del nostro soggiorno. Alcuni autisti sono più socievoli di altri e chiacchierano durante il percorso. Qualcuno parla italiano, con altri si conversa in francese. Quando si trova la persona giusta, si raccolgono un sacco di informazioni e di notizie sul luogo. Altri si divertono a fare domande sui motivi del nostro viaggio. A parte un paio di personaggi un po’ musoni, devo dire di aver sempre trovato persone gentili alla guida.

L’hotel dista circa una mezz’ora di viaggio, che trascorriamo, pimpantissime, a chiacchierare tra noi. All’aeroporto ci siamo divise: donne (sposa compresa) in un’auto, mariti in un’altra. Tra l’altro, per una strana regola locale, in taxi possono salire massimo tre passeggeri. E’ una regola un po’ sui generis che sarà infranta in diverse occasioni, per motivi di praticità.

Dell’aeroporto non ho foto, né del percorso attraversato per arrivare da lì in hotel, ma non si perde molto: strade asfaltate e “nulla” sui lati…qualche centro commerciale (che non riuscirò a visitare durante questa sosta così fugace) qualche grosso complesso residenziale e basta, fino al nostro arrivo. Dell’hotel, delle mie disavventure e dei tre giorni di festa, vi racconto nel prossimo post.