Chi mi ha consigliato questo
albergo mi aveva parlato di una prima colazione abbondante e gustosa…ma
qualcosa deve essere cambiato negli ultimi anni (forse la gestione), e il
nostro impatto con la sala ristoro non è stato all’altezza delle aspettative: tovaglie
con macchie di caffè vecchie di mesi, scarso assortimento di cose da mangiare,
addirittura merendine confezionate tagliate a pezzi per risparmiare…(tutto mi
aspettavo, tranne i flauti del Mulino Bianco divisi a metà), cornetti
scongelati e gommosi, yogurt di marca improbabile, l’unica cosa che mangio
davvero volentieri è la macedonia di frutta fresca. Non sono una che si ingozza
a colazione (come fanno spudoratamente i nostri vicini di tavolo, che ne
approfittano anche per confezionarsi di nascosto i panini del pranzo), mangio
poco, ma mi piace mangiare bene. Se aggiungo alla triste offerta di cibarie
anche un pessimo caffè servito da una cameriera dalle unghie con lo smalto
scheggiato che sbadiglia incessantemente davanti ai clienti, direi che il quadretto
è completo.
Ci ripromettiamo di fare
colazione altrove nei giorni seguenti (anche se M., più paziente, propone la
strategia alternativa del pane e marmellata che “tanto male non può essere…”).
A pancia piena ma non proprio
soddisfatti, prendiamo l’angusto ascensore e ci mettiamo in cammino: la prima
meta della giornata è il Parco del Valentino. Costeggiamo un pezzo di fiume,
attraversiamo un lungo viale alberato e in dieci minuti ci troviamo
all’ingresso del parco. Camminare in mezzo al verde è sempre piacevole. A
differenza di quelle dei parchi più importanti della mia città, le strade
all’interno di questa oasi verde torinese sono asfaltate. Da un lato si perde
un po’ del fascino bucolico del viale sterrato, dall’altro si cammina molto
meglio, e il percorso risulta accessibile anche ai disabili in carrozzina, ai
passeggini e a chiunque abbia difficoltà a spostarsi a piedi e debba utilizzare
altri supporti. Di macchine non ce ne sono. Il parco è quasi tutto per noi,
incontriamo qualcuno che fa jogging, altre persone che si allenano facendo
stretching sul prato e una signora anziana che ci sfreccia accanto sulla sua
carrozzella a motore.
Lungo la strada semideserta troviamo,
però, degli altri amici, una delle cose più belle della nostra visita al parco:
gli scoiattoli. Un collega che aveva già visitato la città mi aveva detto che
nella zona era possibile incontrare questi saltellanti e simpatici animaletti,
ma mi aspettavo di avvistarli in lontananza e non che fossero così socievoli.
Abituati a ricevere cibo dai visitatori, i piccoli roditori si sono abituati ad
accogliere gli amici umani e a chiedere da mangiare a chiunque si sieda ai
tavoli dei chioschi disseminati sui viali. Sono decisamente sfacciati (salgono
sulle sedie libere e a volte persino sul tavolo), ma irresistibilmente carini
(è proprio vero che la bellezza, in certe circostanze, aiuta!) e le loro
incursioni sono gradite da tutti. Restiamo parecchio tempo incantati a guardare
le loro scorribande e a inseguire con lo sguardo le loro code che sembrano
gonfiate con un phon da parrucchiere. Rallegrati da questo “incontro
ravvicinato”, continuiamo il cammino. Arriviamo al bellissimo Castello delValentino, un tempo residenza dei Savoia, oggi considerato dall’Unesco uno dei Patrimoni
dell’Umanità e attuale sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di
Torino.
Cortile del Castello
Il Castello purtroppo non è
visitabile: una parte è in restauro e il resto a quanto pare ospita gli
studenti. Ci limitiamo ad ammirare il cortile, notando la somiglianza
dell’edificio con le residenze nobiliari che abbiamo visto in Francia tempo
prima, durante il nostro breve tour nella Valle della Loira (sono di qualche
anno indietro con i miei resoconti, ho ancora qualche bel posto di cui
parlarvi). Facciamo qualche foto, con un bel cielo azzurro sullo sfondo, e
proseguiamo verso la prossima meta.
Il Borgo Medievale, ai margini
del parco, potrebbe trarre in inganno il visitatore disinformato: non si tratta
di un quartiere costruito nel 1200, ma di una ricostruzione storica “artificiale”
che risale agli ultimi decenni dell’Ottocento. Creato per un’Esposizione
Generale, il Borgo riproduce vie e costruzioni tipiche di un villaggio feudale,
con le sue botteghe, la chiesa, le insegne in ferro battuto, la fontana, e
termina con il pittoresco edificio della Rocca, ricostruzione di una dimora
storica del Quattrocento, ispirata al modello architettonico e decorativo di
alcuni castelli realmente esistenti in Piemonte.
Ingresso del Borgo Medievale
Edifici del Borgo
Interno della Rocca con ricostruzione storica delle sale
All’ora di pranzo torniamo verso
il centro e mangiamo in un bistrot-enoteca su Via Po. Piatti semplici, ma non
prendiamo nulla di tradizionale: anche oggi fa troppo caldo. Continuiamo la
passeggiata con qualche incursione nei negozi e mi concedo un pomeriggio di
chiacchiere e amicizia: a Torino abita una delle mie “amiche di forum” che
conosco “leggendola” da parecchi anni. Ci tenevo particolarmente a incontrarla “dal
vivo”, perché a volte dalle parole scritte si impara tanto di una persona e ci
sembra di conoscerla da sempre. Non vi racconto i dettagli dell’incontro, che
con l’aspetto turistico c’entra poco, vi dirò solo che è stato bellissimo e
speciale esattamente come mi aspettavo. Oltre alle chiacchiere di rito che
sarebbero volentieri continuate a oltranza per tutte e due, la mia amica ci ha
accompagnato alla scoperta di altre viuzze meno note del centro, di piccole
botteghe, di altre piazze e ci ha dato qualche altro riferimento utile per la
nostra esplorazione della città.
Il resto del pomeriggio è stato
dedicato alle sale del Museo Egizio, interessanti, anche se una parte del
palazzo è in restauro (i lavori dovrebbero terminare per i primi mesi del 2015),
i reperti sono molti e ben conservati. La sala più interessante e assolutamente
da non perdere è quella dello “Statuario”, allestita addirittura da uno
scenografo vincitore di un premio Oscar (l’ho scoperto al ritorno, consultando
il sito del museo). L’effetto è sicuramente spettacolare: le statue illuminate
strategicamente, per risaltare in tutto il loro splendore, incantano e
stupiscono i visitatori. Purtroppo le foto fatte senza flash non rendono
giustizia alla bellezza dell’ambiente e dei suoi “abitanti di pietra” che hanno
sfidato il tempo per arrivare fino a noi, affascinanti e misteriose,
perfettamente conservate.
L’unico aspetto che mi ha un po’
intristito in questi casi, è sapere che tutti questi meravigliosi reperti sono
stati prelevati, alla fin fine, da monumenti funebri. Quando vedo le mummie,
esposte allo scoperto dietro a un vetro, con la gente che ci gira attorno
incuriosita additando i dettagli “ben conservati”, penso sempre, con un velo di
tristezza, che quei poveri corpi erano stati destinati al riposo eterno in un
luogo sacro, e che il fatto di prenderli, spostarli, spogliarli dei loro
ornamenti, studiarli ed esporli pubblicamente per me resta una forma di
profanazione. Io non sono religiosa, so che a “loro” ormai non importa più…però
ogni volta che capito in un museo che espone resti umani e oggetti prelevati da
una tomba, mi assale lo stesso senso di malinconia, e mi chiedo se per
interesse storico sia sempre giustificabile la violazione di uno spazio privato
e intimo come un luogo funebre.
Ci allontaniamo dal silenzio e
dall’atmosfera sospesa nel tempo del museo nel tardo pomeriggio. Il caldo-umido
non si è attenuato per niente e, dopo tanto camminare, decidiamo di tornare in
hotel per rinfrescarci un po’ prima della cena. Il pasto serale, stavolta, non
ha nulla di tradizionale: esplorando una serie di traverse troviamo un allegro
ristorante tex-mex e concludiamo la serata con un buon piatto di fajitas messicane.
Del resto, non possiamo sempre fare i turisti precisetti: proveremo le altre
specialità locali in un altro momento…e soprattutto, possibilmente, con un
altro clima.