Nonostante le pessime previsioni,
anche il giorno seguente, almeno per metà giornata, il tempo resta dalla nostra
parte e ci consente di girare per la città senza aprire l’ombrello.
Dopo una buona colazione al bar
(ormai abbiamo rinunciato volentieri a quella dell’hotel) ci avviamo verso la
zona di porta Palazzo. La mattina sarà dedicata alla visita dei mercati, sia
quello fisso, sia quello settimanale del Balon.
Il mercato di Porta Palazzo è
aperto tutti i giorni, ed è diviso per categorie merceologiche. Sulla sinistra
si trovano i banchi dedicati al vestiario. Sono parecchi, ma l’assortimento è
piuttosto scarso: si tratta quasi esclusivamente di capi d’abbigliamento e
scarpe prodotti in Cina. I prezzi non sono esposti ma credo che non
differiscono da quelli delle bancarelle disseminate anche nella mia città. L’altro
lato della piazza è dedicato a casalinghi e accessori per la casa: tappetini,
lenzuola, asciugamani.
La parte coperta ospita il
mercato alimentare…sicuramente interessante da visitare per la vastissima
offerta di cibi provenienti da tutto il mondo. Per noi che veniamo da Roma, un
mercato equivalente, in piccolo, può essere quello una volta ospitato in Piazza
Vittorio e oggi trasferito in una struttura più moderna poco lontano. La nostra
visita è interessante (e golosa), ma c’è troppa gente e poco spazio per
muoversi, così decidiamo di spostarci all’esterno e visitare un edificio più
moderno situato alle spalle del mercato, il Centro Palatino.
Progettato dal famoso e ormai gettonatissimo architetto Fuksas al
posto del vecchio mercato dell’abbigliamento, esteticamente questo palazzone di
metallo e vetro non ci convince per niente. Anzi, la sua mole imponente e la
sua modernità eccessiva stonano decisamente con il resto della piazza. Un classico
effetto “pugno nell’occhio”. Difficilmente mi capita di apprezzare edifici
moderni inseriti in contesti architettonici antichi, ma in questo caso, al di
là dell’evidente dissonanza tra stili, dobbiamo ammettere che questo
pseudo-centro commerciale (semi abbandonato all’interno) è proprio brutto senza
attenuanti che possano giustificarne l’esistenza. All’interno è semiabbandonato, la maggior
parte dei negozi sono chiusi, gli altri sono sull’orlo del fallimento e hanno
le vetrine mezze vuote. Sembra prosperare solo un negozio di abiti da
cerimonia, tutto il resto appare trascurato e sembra che stia per chiudere i
battenti.
Al centro dello spazio
commerciale, uno scavo che mostra i resti di…che cosa non si sa, perché non è
indicato da nessuna parte. Scoprirò solo più tardi che si tratta delle
ghiacciaie che nell’Ottocento venivano utilizzate per la conservazione dei
cibi.
Camminiamo ancora per spostarci
nella zona del “Balon”, mercato delle pulci che si articola per alcune
caratteristiche viuzze nei dintorni di Porta Palazzo. Personalmente non amo
molto questo tipo di mercati…non apprezzo l’antiquariato, il vintage, né
tantomeno la semplice “roba vecchia”, e di quest’ultima al Balon se ne trova a
volontà e per tutti i gusti. Esposizioni simili di merce improbabile le ho
viste solo nelle vie limitrofe del mercato di Porta Portese a Roma. Ogni volta
mi chiedo se quell’accumulo di cose da buttare troverà un acquirente che le
sappia apprezzare e sia disposto a spendere (invece che essere pagato) per
portarle a casa. Ma è questione di gusti: ho amici e parenti che hanno un fiuto
speciale per trovare oggetti interessanti anche in mezzo al ciarpame. E
riescono a fare affari, o arredare la loro casa ripescando oggetti e
suppellettili di una volta e integrandoli in modo armonioso all’arredamento di
casa propria. Ma guardandomi attorno non vedo proprio nulla che mi piaccia…se
non le palazzine della zona, semplici e a due piani, sembra di camminare in un
paesino all’interno della città.
Continuiamo la passeggiata
tornando verso il centro. Attraversiamo la zona pedonale di Via Garibaldi,
mentre il caldo comincia a farsi sempre più intenso. Approfittiamo di un
passaggio refrigerato in libreria (dove trattengo a stento la mia pulsione
all’acquisto compulsivo di favolosi volumi in offerta con il 50% di
sconto) e ci dirigiamo verso Piazza
Castello. Attraversiamo la grande piazza antistante il Palazzo Reale e
approfittiamo della visita per sfuggire alla canicola di mezzogiorno. Il
biglietto ha prezzi differenziati, secondo gli ambienti e le esposizioni che si
desiderano visitare. Una parte del palazzo è in restauro, ma gran parte delle
sale sono aperte al pubblico. Scegliamo l’opzione che comprende parte del primo
piano, l’armeria reale e il Museo Archeologico.
Le sale di Rappresentanza, come
in ogni buon palazzo reale che si rispetti, sono decoratissime, ricchissime, e
denotano ostentazione fin nell’angolo più inaccessibile. Ma è normale. Negli
ultimi anni ho visitato tanti castelli in giro per l’Europa, e devo ammettere
che dopo lo stupore iniziale, dopo aver notato la differenza tra uno stile e
l’altro, una sala “da ricchi” deve essere davvero molto particolare per
attrarre a lungo la mia attenzione. Perché nei palazzi dell’epoca trovi spesso,
da routine, gli stessi particolari un po’ stucchevoli: vasi cinesi dal valore
inestimabile, lampadari che ti ricordano all’istante quanto dev’essere faticoso
spolverarli, pavimenti schricchiolanti e tirati a lucido spesso ricoperti da
passatoie per impedirne il logoramento, sedili improbabili in tessuti pregiati,
ritratti di nobili in parrucca che nessuno ormai si ferma ad osservare (perché
in fondo sono belli e fatti bene, ma un po’ tutti uguali), soffitti
decoratissimi con allegorie che nessun visitatore medio è in grado di
comprendere senza una buona e volenterosa guida che gli ricordi i miti del
passato.
Il palazzo è decisamente bello e
“come da copione”. Mi è rimasta particolarmente impressa la Sala da Ballo, con
le decorazioni che ho tentato di fotografare senza flash (e che vedete in foto
un po’ sfocate), per qualche istante mi sono soffermata a immaginare una serata
di gala, le luci, gli abiti, la musica…è sicuramente un ambiente un po’ magico
che è riuscito a catturarmi per un po’.
Altro ambiente da non perdere,
anche se per me un po’ inquietante, l’Armeria Reale. Per me che detesto gli
animali imbalsamati, trovarmi davanti tutti quei cavalli in perfetta tenuta da
combattimento mi ha lasciata un po’ spiazzata. Ma sicuramente la sala è
d’effetto. Uno degli scenari più interessanti del palazzo.
L'armeria reale |
I giardini del Palazzo sono in
restauro. Da mesi? No, da anni, e da quanto si riesce a vedere dai finestroni
che si affacciano sul parco, i lavori non hanno nessuna intenzione di terminare
a breve. L’aspetto è decisamente incolto e poco invitante. Peccato.
Usciti dal palazzo decidiamo di
conservare i nostri biglietti e di continuare la visita dopo la pausa pranzo,
che trascorriamo in una piazzetta dei dintorni. Scegliamo un locale con tavoli
fuori, abbastanza affollato. Ci convince il fatto cha le persone sedute gomito
a gomito sulle sedie in legno siano in prevalenza “locali”, e tutti mangino di
gusto. Assaggiamo le alici in saor, una terrina di melanzane e della pasta al
pesto e ricotta molto delicata e gustosa, innaffiando il tutto con un bicchiere
di vino bianco Arneis. La sosta è gradevole, il cibo buono, l’unico neo è il
trombettista itinerante che dovrebbe allietare i presenti con le sue prodezze
musicali e invece si rivela più molesto e rumoroso del previsto.
Resisto al gelato (che mi chiama
dalla vetrina di un negozietto dall’altro lato della piazza) e decidiamo di
continuare la visita con la parte archeologica del museo. Una parte delle
esposizioni è chiusa, ma noi possiamo accedere alla zona dove sono conservati i
reperti più antichi. Il vantaggio principale di questa visita è la possibilità
di fuggire nuovamente dal caldo afoso del dopopranzo. Di interessante, però,
non c’è molto, perché come nella maggior parte delle esposizioni di oggetti
antichi ci sono soprattutto quelli che io chiamo “i cocci”. Vetrine e vetrine
di resti di antichi manufatti…per carità, preziosi e interessanti, ma quando si
vive in una città dove questi oggetti abbondano in ogni angolo e i musei sono
pieni di pezzetti di vasi, bottigliette, vetri lavorati, anfore, pettini,
specchi ossidati e chi più ne ha più ne metta, dopo un po’ certe suppellettili,
per quanto importanti, non fanno più effetto, anzi diventano semplici “cocci” e
mi annoiano.
Tra l’altro una parte
dell’esposizione è ospitata in una vecchia serra, un luogo sicuramente
suggestivo e ottimo per la luce, ma senza aria condizionata di nessun tipo…una
tortura quando la temperatura esterna supera i valori tollerabili. Così ai due
impiegati gentilissimi che scherzano sulla nostra “visita-lampo”, spiego con un
bel sorriso la situazione (sui cocci) e ce ne andiamo dopo pochi minuti
gettando solo qualche rapida occhiata qua e là.
Il pomeriggio lo dedichiamo al
relax…e la sera piove. Approfittiamo dei portici per un giretto, prendiamo un
improbabile aperitivo (con tartine non richieste ripiene di maionese – e solo
maionese) e poi andiamo a cena nel più che tipico ristorante “Porto di Savona”.
Il posto ha compiuto da poco 150 anni di
attività, ed è allestito come una tipica trattoria (ho saputo solo oggi, in
realtà, che fa parte di una serie di ristoranti appartenenti a Piero
Chiambretti…complimenti, ma il sito internet è fatto davvero male). Il
personale è gentile ma un po’ brusco, soprattutto la cameriera più anziana.
Nonostante avessimo prenotato, ci ha riservato un tavolo in mezzo alla piccola
sala incastrato assieme ad altri due, in pratica ci sembra di cenare assieme ai
nostri vicini…l’unica alternativa è un tavolo ancora più sfortunato, posto
proprio sotto il getto dell’aria condizionata, tenuta a temperatura polare.
“Non vorrà mica che la spegniamo!” ci intima brontolando la cameriera “ma per
carità!”, rispondiamo noi, e ci rispostiamo incastrati tra gli altri
commensali.
M. prende un antipasto misto in
carpione che già di per sé è un piatto unico. Peccato non mi piaccia l’aceto,
perché le pietanze hanno un aspetto gustoso: uova, zucchine, carne
panata…praticamente una cena completa.
Io opto per un piatto meno tradizionale ma più fresco, l’orzo con pesto
di..boh, non ricordo…zucchine??? Il fatto che io non ricordi l’ingrediente
principale del piatto la dice lunga: in effetti era piuttosto insipido, non cattivo,
ma nemmeno da ricordare. M. è temerario e prende anche un primo piatto. Io
passo al dessert e assaggio il Bonnet, dolce tipico locale, un budino di
nocciole e cioccolata, buono, fin troppo abbondante. Sbirciando sui tavoli
accanto al nostro ho particolarmente apprezzato la vista dei piatti di brasato
con puré di patate, che sembrava tanto appetitoso quanto terribilmente
invernale, quindi, nonostante l’aria condizionata che rendeva sopportabile il
piccolo ambiente, non ho osato chiederne un assaggio.
La cena nel complesso non è stata
male, ma il tipo di locale, con il suo aspetto volutamente “vecchio” ma non
troppo accogliente, le pareti marroncine, i tavolini attaccati tanto da
partecipare involontariamente a tutte le conversazioni dei vicini, non è nelle
mie corde. Tra l’altro, se l’aspetto richiama in tutto e per tutto quello di
un’osteria di altri tempi, il conto è quello di un normale ristorante, perciò
il lato “spartano” si limita all’aspetto esteriore e non a quello economico.
La pioggia, annunciata da tempo,
ha continuato a cadere per tutta la sera e anche il giorno seguente, in cui
abbiamo fatto un ultimo giro del centro tra portici e ombrelli aperti.
Dall’hotel siamo arrivati in stazione verso l’ora di pranzo, preso un paio di
panini in uno dei due bar aperti (la stazione di Porta Susa è poco accogliente,
se potete vi conviene arrivare non troppo in anticipo perché potreste morire di
noia).
Il nostro treno parte sotto il
diluvio. E prosegue con rovesci a catinelle per tutto il percorso, tanto da
rallentare il viaggio di almeno un’ora. Arriviamo a Roma un po’ frastornati, e
piove ancora. Una situazione meteo un po’ folle, che prosegue per tutta questa
estate imprevedibile e bizzarra.
Dopo questa esperienza a Torino resto
con tanti ricordi nel cuore. Gli scoiattoli, la mia amica lontana (ma allo
stesso tempo più “vicina” di tante persone che conosco nella mia città), le
piazze, i portici. Felice di aver fatto questo viaggio, arricchita di novità,
pronta a riempire di parole e foto i miei post. Non so se tornerò presto a
visitare Torino ma sono felice di aver organizzato questa piccola “fuga”. Un
viaggio, grande o piccolo che sia, è sempre un ottimo modo di festeggiare un
evento speciale…e di eventi davvero speciali vi racconterò a breve nei prossimi
post.
Nessun commento:
Posta un commento