domenica 7 settembre 2014

Tunisia – terzo giorno – Turismo e festa degli sposi


Dopo la lunga serata precedente ci sarebbe voluta una bella dormita fino a tardi. Ma i giorni a disposizione sono pochi e vorremmo vedere anche un pezzetto di città, così puntiamo la sveglia alle otto, dormiamo pochissimo e dopo una ricca colazione saliamo con i nostri amici sul taxi alla volta di Tunisi. La meta della giornata è la Medina, che raggiungiamo dopo circa mezz’ora di viaggio. Il nostro autista è molto cordiale, parla un po’ della situazione politica tunisina. Secondo lui, dalla rivoluzione in poi, le cose per i tunisini non sono migliorate come sperato, ma si assiste ad un’ondata di caos e criminalità mai vista in precedenza. Ci invita a fare molta attenzione per la strada, a tenere ben strette le borse e a non fidarsi di persone che si presentano come guide turistiche e propongono di accompagnare i turisti in giro per la città. Incoraggiante.
 
Arriviamo nel centro di Tunisi e lo troviamo affollatissimo, il traffico è denso e non scorre, l’autista ci lascia vicino a un garage e dice che ci aspetterà lì. Siamo sul limite di una grande piazza, da cui iniziano portici ampi ma stracolmi di gente, che arrivano fino all’inizio del quartiere del mercato. Sotto ai portici, le vetrine espongono principalmente scarpe e vestiti da donna. La cosa che mi colpisce particolarmente è che in molti negozi vedo scarpe cinesi (uguali a quelle che si trovano a Roma) vendute a un prezzo altissimo rispetto a quelli proposti ai clienti nella mia città. Me ne accorgo perché trovo su uno scaffale a 39000 dinari (circa 20 euro) un paio di ciabattine che prima di partire ho acquistato in offerta a “ben” sei euro. Strano. Forse perché lì i cinesi non ci sono e i negozianti tunisini si limitano ad importare…in cambio, però, la benzina  costa praticamente la metà di quanto la paghiamo nel nostro Paese. Altro che ciabattine!
Dopo le raccomandazioni un po’ traumatiche dell’autista, io e la mia amica percorriamo la strada sotto il porticato avvinghiate alle borse: la folla è talmente tanta che la passeggiata diventa poco piacevole, anche se, abitando in una metropoli non esattamente tranquilla, devo ammettere di tenermi stretta la borsa anche per le strade della mia, di città. In situazioni caotiche come questa, è sempre necessario stare all’erta, che sia Roma, Tunisi o Barcellona, la prudenza, con la gente che spintona da tutte le parti, non è mai troppa.
Arriviamo alla porta che ci ha indicato l’autista, il punto che segna l’inizio del souk. Appena varcata, infatti, si vedono i primi negozi con la merce esposta, e decidiamo di infilarci nella prima viuzza a sinistra. Tutto il mercato si articola in un intreccio di stradine strettissime, si cammina in fila indiana tra chi va e chi viene, per fermarsi a guardare è necessario entrare nei negozi per non essere spintonati. La merce in vendita è piuttosto varia: abiti tradizionali di tutte le fogge e colori (dalla più umile veste nera al caftano ricamato con cristalli luccicosi), ceramiche di tutte le fogge e colori, specchi con cornici intarsiate, piatti in rame incisi e colorati a mano, oggetti in pelle (dai portafogli alle pantofoline)…ogni negozio ha la sua specialità, e se non trovi quello che cerchi il commesso ti chiede di aspettare e va a cercarlo in una bottega vicina.

 
 
Negozio di specchi e cornici

C’è una cosa che ho apprezzato molto: non ho trovato i venditori particolarmente insistenti. In altri paesi arabi, per esempio a Sharm El Sheik, non puoi avvicinarti a guardare una vetrina che il venditore ti “aspira” letteralmente dentro il negozio. Non ti danno tregua, ti invitano a entrare e a comprare, ti mostrano mille cose di cui non hai bisogno e alla fine più che shopping diventa uno sfinimento. In questo caso invece i negozianti sono gentili ma non troppo opprimenti, ti invitano a entrare ma non ti sfiniscono, se chiedi un prezzo ti rispondono senza diventare molesti, insomma, si ritrova il piacere di fare acquisti senza lo stress di dover rifiutare offerte troppo ostinate.
I prezzi non sono alti. Per questo contrattare, anche se andrebbe fatto con una certa determinazione per ottenere sconti davvero vantaggiosi, in alcuni casi non ci sembra nemmeno troppo necessario. Riesco a trovare un paio di cose che a Roma pagherei  quattro volte tanto. Compro una galabeya che mi sarà utile come “copri-costume-da-danza”  (purtroppo quelle con i bottoni sono le meno belle) e un portafoglio in pelle azzurro. Rinuncio, invece, alle babbucce, che non mi convincono troppo e soprattutto mi sento sfinita dal caldo umido che verso le 11.30 diventa quasi insopportabile. Ci rifugiamo in un locale per comprare una bottiglia d’acqua gelata, che ci rigenera quanto serve per continuare la nostra passeggiata.
Oltre all’abbigliamento tipico (alcuni vestiti sono meravigliosi, pieni di ricami e pietre, ti verrebbe voglia di comprarli anche se non avresti nessuna occasione per poterli indossare), incontriamo bancarelle di dolciumi (e il venditore ci fa assaggiare qualche delizia appiccicosa ai datteri), ristorantini alla buona
(i piatti di cous cous hanno l’aria davvero appetitosa, ma è un po’ troppo presto per pranzare), gioiellerie, e tante altre cose. Con più tempo a disposizione, ci si potrebbe passare l’intera giornata.
Dolciumi locali
Invece mi soffermo un po’ più a lungo in una bottega che vende ceramiche: a parte le consuete tajine, piatti, coccetti di vario genere, mi sono innamorata delle mattonelle decorate. Alcune compongono dei veri e propri quadri con disegni della tradizione locale: fiori, uccelli, fontane…i colori prevalenti sono blu, giallo e verde. Bellissimi. Uno in particolare starebbe proprio bene appeso nel patio di casa mia. Passiamo un po’ di tempo a contrattare, sapendo di pagare comunque un po’ più del dovuto, ma alla fine usciamo dal negozio sorridenti col nostro pacchetto. I nostri amici hanno fatto la stessa cosa in un’altra bottega, dove hanno trovato un regalo originale per una coppia di sposi, e altre cosine da riportare a casa.
Usciamo dal mercato con le nostre buste, rispettando l’orario comunicato all’autista del taxi. Lui ci aspetta paziente alla fine dei portici, risaliamo in macchina e torniamo in hotel, giusti giusti per gustarci un’altra insalata rinfrescandoci al ristorante della piscina. Dopo pranzo, sapendo che potremmo fare le ore piccole anche oggi, torniamo in stanza per un po’ di relax.
La festa di questa sera è dedicata, finalmente, ad entrambi gli sposi. Per l’occasione amici, parenti ed altri ospiti sono invitati in una “sala delle feste” affittata ad hoc. Ancora una volta è presente la musica tradizionale, stavolta però suonata con strumenti più moderni. Al centro della sala, bianca e rinfrescata da condizionatori, è disposto una specie di “doppio trono” su cui siedono gli sposi.
L’arredamento è essenziale, ma le sedie degli sposi (bianche) sono sormontate da un baldacchino azzurro cielo. Gli invitati sono molto eleganti, soprattutto le donne, che sfoggiano fantastici abiti (con velo) ricamati con fili in oro e argento, dai colori vivaci: rosso, verde smeraldo, turchese, viola.
Una caratteristica curiosa di cui non ho ancora parlato è l’abitudine delle donne di cambiarsi più volte d’abito durante la stessa serata. Lo abbiamo notato con l’altra amica Italiana, e ci è parso buffo: ognuna delle signore presenti in sala, giovani o meno giovani, in tutte le tre occasioni di festa, dalla cena in famiglia alla sala da ballo, ha cambiato completamente il look (spesso persino le scarpe) almeno tre volte, ogni volta con un vestito (e velo abbinato) di colore e foggia diversi. Anche la bambina affettuosa della prima sera, che ormai ho ribattezzato simpaticamente “baciona” e che vorrei portare con me a casa come nipote adottiva perché è troppo simpatica, passa con disinvoltura dal vestitino in organza con tanto di cerchio e coroncina sulla testa al completino pantalone in cotone quasi da mare. Lei, così graziosa con qualsiasi stile, passa la serata a regalarci dei fiori che ha “rubato” da un addobbo su un tavolo, per poi riprenderli, rimetterli a posto e sostituirli con altri: prima rose, poi garofani, poi si riprende tutto e lo porta a qualcun altro, raccontandoci in arabo (!!!) cose e motivi di cui, ahimé, non riusciamo a capire nemmeno mezza parola.
Gli sposi sono raggianti ed elegantissimi. C. la mattina della festa era un po’ preoccupata per l’acconciatura e il trucco che le avrebbe fatto la parrucchiera. Pare che la moda locale in fatto di spose sia un po’ fastosa” e sicuramente più “carica” rispetto a quella Italiana. Anche a noi amiche ha suggerito di indossare abiti più luccicanti del solito e accessori un po’ vistosi. Io, che di vistoso ho giusto qualche abito di danza che non era proprio adatto per l’occasione, ho rispolverato un vestito comprato diversi anni fa per un capodanno a Parigi e che avevo chiuso nell’armadio e, con qualche accessorio strategico, si è rivelato la scelta giusta. In ogni caso, preoccupazioni a parte, la sposa è perfetta. La parrucchiera ha imposto il toupet che rialza l’acconciatura, ma è riuscita a sistemare i capelli con cura evitando il tanto temuto effetto “Moira Orfei”. Anche col trucco ha lavorato bene, esaltando i tratti del viso un po’ più del solito ma senza eccessi, insomma, la mia amica sposa sta benissimo e brilla come una stella, non per gli strass sul vestito, ma per la luce nei suoi occhi e per il suo bel sorriso radioso.         
Durante la serata agli ospiti vengono offerti pasticcini di varia forma e colore, principalmente a base di mandorle, e succhi di frutta; il mio, alle fragole, è davvero buono. Noi però non abbiamo cenato…c’è stato un piccolo disguido sull’orario dell’appuntamento e pensando di non fare in tempo abbiamo preso solo un aperitivo in hotel mentre aspettavamo gli sposi. Per fortuna tra musica, balli, foto, succhi di frutta, chiacchiere e sorrisi la fame non si fa sentire troppo…
Anche stavolta si fa piuttosto tardi e la serata si conclude, inaspettatamente attorno a un tavolino di un venditore di kebab, nel cuore della notte, in uno scenario un po’ surreale: la strada buia, le luci del negozio, gattini randagi un po’ troppo avventurosi, sposi e ospiti eleganti che mangiano panini e patatine fritte. Io, lo ammetto, a questo punto sono completamente lessa…felice sì, per aver partecipato a tutte queste esperienze assieme, ma anche un po’ stanca, anche per colpa del maledetto mal di testa che dall’aeroporto un poi ha deciso di affezionarsi e fare capolino per diverse ore al giorno tutti i santi giorni.
Eppure, non contenta, nonostante l’orario segni già l’arrivo della mattina seguente, punto la sveglia alle 8 perché domani pomeriggio si parte e noi abbiamo ancora un paio di cosine da vedere…chi pensava che fosse una “vacanza relax” si sbaglia di grosso, eppure, se dovessi tornare indietro, non credo che rinuncerei a nessuna delle cose che ho fatto\visto\vissuto in questi giorni. Per la nostra ultima mezza giornata a Tunisi, ci aspetta un altro po’ di turismo…e per voi, un po’ più di foto e racconti nel prossimo post.   
 

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