domenica 6 luglio 2014

Due passi per Torino


Arrivati in hotel alle 14 la prima sorpresa: la stanza non è pronta. Fuori è caldissimo e il sole del primo pomeriggio non promette nulla di buono, ma non ci perdiamo d’animo. Lasciamo le valige in un angolo (no, non c’è un deposito bagagli) e ce ne andiamo a spasso, alla faccia della sveglia alle 4.
L’hotel è situato in una zona abbastanza strategica: una traversa di Piazza Vittorio Veneto, nel cuore della città. La guida afferma che questa piazza sia una delle più grandi d’Europa. Da un lato si affaccia direttamente sul fiume, terminando col Ponte dedicato a Vittorio Emanuele I, dall’altro dà inizio (o fine) ai portici di Via Po, una delle più famose strade del centro.
La piazza è sempre vivace e affollata a tutte le ore, anche grazie ai numerosi locali che costeggiano tutto il suo grande rettangolo di sampietrini e asfalto. Ce ne sono per tutti i gusti: ristoranti tipici dall’atmosfera retrò, pizzerie ultramoderne, bar dall’aria ottocentesca, pub che propongono improbabili “devastation night” a suon di alcoolici a basso prezzo, ristopub per l’apericena (Dio, quanto odio questa parola!), e gelaterie artigianali e non. L’imbarazzo della scelta, insomma, a portata di (più o meno) tutte le tasche.
Via Po è un lungo viale che attraversa gran parte del centro. Percorreremo i suoi marciapiedi e ci ripareremo all’ombra (e all’asciutto) dei suoi ampi portici per tutto il nostro soggiorno in città. Decidiamo di iniziare la visita proprio facendo un po’ di “struscio”, guardando le vetrine dei negozi (ancora chiusi per la pausa pranzo) e cerchiamo un posto dove mangiare qualcosa di fresco per non soccombere al caldo tropicale che ci ha colti di sorpresa. Non ce lo aspettavamo: le previsioni non promettevano nulla di buono, soprattutto, una volta prenotato il viaggio, “il Meteo” ha pensato bene di disegnare tutta una serie di tuoni e fulmini in corrispondenza di ogni singolo giorno della nostra permanenza in città. Per fortuna ha sbagliato, in anticipo di qualche giorno e invece della tempesta perfetta abbiamo trovato tre giorni abbondanti di un diabolico mix sole-foschia-umido. La scelta anti-liquefazione è stata quella di rifugiarci per qualche ora in un posto al chiuso, così abbiamo spostato la visita della Mole Antonelliana in cima alle nostre priorità.
Sbocconcelliamo un’insalata in un bar vicino alla Mole. A quanto pare è una zona frequentata soprattutto da studenti universitari, se mi guardo attorno siamo io e M. ad alzare nettamente l’età media dei clienti  seduti ai tavoli. Mi resta impressa una ragazza accanto a noi che, sollevandosi il vestito con disinvoltura, si scrive formule e numeri utili per l’esame direttamente a penna sulle cosce creando un tatuaggio temporaneo con una creatività fuori dal comune …i bigliettini nascosti ormai sono del tutto superati. 

Terminato il pranzo in mezzo alle matricole, ci dirigiamo verso il fresco sintetico della Mole.

E’ una bella esperienza, e non solo perché tiriamo un sospiro di sollievo riuscendo a ripararci dal caldo. L’interno della Mole ospita il Museo del Cinema, una struttura post-moderna dalla scenografia sicuramente d’effetto. Non è semplice da descrivere: il centro dell’edificio è attraversato in verticale dall’impianto dell’ascensore che arriva fino alla balaustra della cupola. La cabina è in vetro, così chi decide di salire può godersi la vista del museo dall’alto. La mostra vera e propria è divisa in due parti: quella più interessante è sicuramente quella dedicata a tutto il percorso storico che ha portato alla nascita del cinema. Dalle lanterne magiche alle scatole ottiche, dai primi visori tridimensionali ai primi cartoni animati, il percorso pre-cinema consente un interessantissimo tuffo nel passato, scoprendo e riscoprendo apparecchi che oggi appaiono allo stesso tempo semplici e sorprendenti, e dando al visitatore la possibilità di testarne direttamente il funzionamento…si torna un po’ bambini facendo scorrere le immagini, o sorprendendosi davanti a una cartolina che si illumina cambiando il paesaggio dal giorno alla notte. La coincidenza più sorprendente, per me che sono appassionata di danza orientale, è stata trovare un vecchio video di Loie Fuller che volteggia circondata dai suoi veli colorati…sono video reperibili anche su Youtube, li avevo già visti qualche tempo fa, ma ritrovarli su un vecchio visore d’epoca mi ha fatto un certo effetto e sono uscita dalla sala con un sorriso di soddisfazione in più.


La zona dedicata al cinema “moderno” punta molto di più sulla scenografia della grande sala da cui si dipartono le altre stanzette tematiche. La sala centrale, oltre alla colonna dell’ascensore, è dominata dalla statua color oro di un dio-mostro alato. Si tratta, e non lo sapevo, del dio Moloch, apparso nel film “Cabiria”. Si vede proprio che non sono una cinefila: non ne sapevo nulla, ma, noto o meno, sicuramente l’imponente mostricciattolo alato fa la sua bella e inquietante figura(*). Su una vasta area della sala sono disposte numerose chaises-loungues che permettono ai visitatori sia di assistere alla proiezione di vecchi film d’autore sui due schermi ai lati della sala, sia di godersi la proiezione di stelle e pianeti che a intervalli regolari appaiono sulla parte interna della cupola.

La sala centrale del Museo

 
Le salette secondarie sono, in effetti, un po’ deludenti e un po’ troppo “bambinesche” per i nostri gusti…la sala horror con la bara in vista, la sala western con il finto saloon, la sala surrealista disseminata di water…ci hanno lasciati un po’ perplessi. L’unica cosa che ha attirato la nostra attenzione è stata una piccola tv che trasmetteva in loop spezzoni di vecchi film horror. Io non sono un’amante del genere, anzi, ma è stato interessante vedere come, nel corso degli anni, il concetto di ciò che è spaventoso sia cambiato e continui a mutare verso lo splatter. I primi film degli anni Trenta oggi ci fanno sorridere, ma anche quelli degli anni ’70, non così lontani, sembrano dilettanteschi se si paragonano agli effetti speciali di oggi…eppure all’epoca hanno spaventato generazioni di spettatori ed erano considerati capolavori del genere.

Il resto dell’esposizione era dedicato a una mostra sulle vincitrici del premio Oscar nel corso degli anni. C’erano abiti di scena (non mi interesso particolarmente di moda, ma gli splendidi abiti di Valentino spiccano sempre su tutti gli altri), foto e filmati, distribuiti sulle balaustre che fiancheggiano risalendo i lati della cupola. Nulla di speciale, ma sempre di storia del cinema si tratta: alcuni video in lingua originale erano molto interessanti e invogliavano a riscoprire vecchi film che i miei gusti non avrebbero mai preso in considerazione.

Nel complesso la visita vale senz’altro la pena, forse un po’ meno per i veri appassionati di cinema, che se resteranno un po’ scontenti per gli allestimenti a tema, potranno comunque gustarsi la grande sala centrale e la salita sulla terrazza della mole, da cui si gode una bellissima vista sulla città (anche sui monti circostanti, quando non c’è foschia..).
 
Ci dissetiamo al bar del museo prima di rituffarci in una nuova immersione nel caldo tropicale. Ancora portici, e ancora viali pieni di negozi. Le strade del centro risentono molto (come dappertutto) dell’invasione delle grandi catene di negozi nazionali e internazionali. Difficile trovare qualcosa di tipico tra un Calzedonia e un H&M…soprattutto di tipico e contemporaneamente estivo: ci sono allettanti ed eleganti cioccolaterie, con le antiche vetrine incorniciate in legno, ma, visto il clima, fare una sosta per un classico “bicerìn” (bevanda locale al cioccolato e caffè) non ci tenta per niente.
Passeggiamo, e ogni tanto veniamo catturati da uno scorcio, da un cortile o da una galleria, come quella Subalpina, vicino Piazza Castello, di ispirazione francese, in vetro e ferro battuto, dal fascino di una volta, un posto in cui il tempo sembra essersi fermato all’Ottocento, un’oasi in mezzo alla globalizzazione e all’appiattimento estetico degli esercizi commerciali disseminati ormai in ogni angolo della città.

La Galleria Subalpina
Attraversiamo un tratto di Via Roma, la zona con i negozi più eleganti e “firmati”, ma dopo tanto girare la stanchezza prende il sopravvento e decidiamo di tornare in hotel. Per la cena chiediamo consiglio alla reception. E’ una data importante e ci piacerebbe mangiare qualche buon piatto locale in un posto carino.
La risposta della receptionist e la nostra avventura gastronomica ve la racconto nel prossimo post.

(*) Per i più curiosi, ho scoperto che su Youtube esiste la versione integrale del film "Cabiria"...è un pezzo di storia del cinema, ho dato una breve occhiata ma io il Moloch non l'ho visto. Se avete tempo e pazienza (il film è muto e dura più di due ore) provate a cercarlo voi cliccando qui
 

 

 

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