martedì 24 giugno 2014

Ora d'aria


Nota del 2014 - Ancora un post "misto" che racconta la mia prima (e per ora unica) avventura con un ristorante peruviano. Dopo questo inizio piuttosto deludente non mi sono più ripromessa di tornare a provarne un altro, anche se mi rendo conto che non è la cucina in sé a non attirarmi più, quanto i locali cittadini troppo "riadattati" al gusto di casa nostra...


(data post originale: 28-01-2008) - Questa mattina sono arrivata in ufficio ascoltando un po’ di musica gitana [se cliccate sul link ascoltate anche le tracce!].
Il mio animo gipsy immaginava allegre coreografie con gonnellone svolazzanti, per ingannare il tempo e il freddo.
Ho grattato via tremando lo strato di ghiaccio sul parabrezza…al volante non si vedeva un’acca, mi sento sempre molto pirata della strada fino a quando non si è “scongelato” quel tanto che basta per ridarmi la visibilità da tutti i lati.

Ero un po’ in ritardo sulla mia solita tabella di marcia. Colpa, forse, della nuova stufetta temporizzata acquistata ieri mattina, con la speranza di migliorare la qualità della vita della giovane lavoratrice mattiniera…L’unico guaio è che non l’avevo regolata a dovere. Così, una volta suonata la sveglia, mi sono avviata verso il bagno con il sorriso sornione di chi “la sa lunga” e sta per entrare nell’habitat ideale per un dolce risveglio…
Il sorriso si è letteralmente congelato sulla faccia, accompagnato dalla sensazione della pelle d’oca. Il timer era 10 minuti indietro. E il bagno gelato, naturalmente. Ma vabé, è lunedì, questi scherzetti si sopportano meglio ripensando al weekend.

Un weekend di piccole nuove esperienze, come quella del Ristorante Peruviano, da sommare ai miei maldestri tentativi di “vita mondana” di cui vi parlavo qualche tempo fa.
Ebbene sì, l’incontentabile è rimasta un po’ delusa. Non tanto per la “location” in sé, che di tipico aveva ben poco, “tenda a ossigeno” compresa (il mio senso estetico ha un’avversione fortissima per i locali tavoli all’esterno chiusi da improbabili tendoni plastificati), quanto per il pasto che, vi confesso, mi aspettavo molto più “tipico”.

In realtà era cominciato abbastanza bene, con un piattino di platanos fritti e mais tostato, accompagnati da una salsa piccantissima da consumare in modica quantità.
Bello, mi ero già calata nella parte della turista gastronomica desiderosa di lanciarsi in un appassionante viaggio di sapori…
Tanto da “buttarmi” ad ordinare il ceviche, piatto nazionale composto da pesce crudo marinato con spezie…
E da lì la prima sorpresa. Il proprietario mi guarda sorridendo e scuote la testa “Ahi Ahi, no, meglio di no…” “Perché? E’ molto piccante?” E lui mette su un’espressione enigmatica che potrebbe voler dire tante cose…(del tipo “sì, è piccante da pelarti la lingua” oppure “no, ma il pesce non è fresco e ti verrebbe un attacco di dissenteria fulminante al primo morso”)…insomma, niente antipasto marinato “ma ci penso io” fa lui rassicurante, ed io, una volta tanto per non fare la pignola rompiscatole che non si fida mai, decido di affidarmi al suo buon cuore.
Ritorna dopo qualche minuto con un piatto decorato con croccanti foglie di radicchio e fette di patata americana fritte. Tutto ok, se non fosse che il piatto è una semplice insalata di mare. Di quella surgelata. Condita con olio extravergine d’oliva anche abbastanza saporito. Ma tutto qua. Niente sapori stuzzicanti. Niente sfiziosità. Niente etnico. Nessun viaggio di sapore…se non forse, un vago ricordo delle rive di Fiumicino…ma non era proprio questo il luogo a cui aspiravo...

I miei commensali sono più fortunati. Ordinano una papa rellena, grossa crocchetta fritta ripiena di carne trita, spezie e olive, accompagnata da salsa rosa abbastanza light.
Anche il secondo si rivela piuttosto deludente. Il mio lomo saltado è carne di manzo (dicono vitello, ma è manzo) piuttosto coriacea, cotta alla piastra e mescolata a pomodori, cipolle e patate fritte con un vago (ma proprio vago) sentore aromatico…Mastico molto. Gusto poco, anche perché sono già piena del pesce (abbondante) dell’antipasto.
Gli altri ordinano una bistecca, sperando di trovare un accompagnamento tipico.
Riso, ancora patate fritte (ma basta!), insalata (scarola tipicissima!!!) e, il massimo dell’esotismo, mezza patata lessa con salsa alla cipolla.
Tutto in porzioni abbondanti e servito con impeccabile cortesia.

Solo un piccolo appunto. Io sicuramente avrò sbagliato con la scelta dei piatti…così come chi era con me non avrebbe dovuto orientarsi su un secondo che non prometteva esaltazioni sensoriali, ma…a che pro proporre un menù “diverso” se poi si è costretti a riadattarlo ai consueti gusti “di casa nostra”?
Il pesce era piccante? Lascia che mi ustioni la lingua fino a domandarmi come accidenti fanno i peruviani a mangiare certi piatti, ma non abbandonarmi in balìa di un’insalatina di polpo scongelata!!!

Ho deciso che, magari più in là, affronterò di nuovo un ristorante di questo tipo…sperando si non trovare un’altra sorpresa troppo “casalinga” per i miei gusti…

Nel frattempo ringrazio comunque la mia ospite W-Anna, che ha carinamente offerto la cena. E mi ha, in ogni caso, fatto conoscere un altro posto.
Dove si può comunque tornare, con un animo diverso, meno viaggiatore e più casareccio, per mangiare una buona bisteccona annaffiata da un onestissimo vino rosso “della casa”, ed essere serviti con cortesia davvero apprezzabile (e sempre più rara).
Il posto, però, d’ora in poi, lo chiamerò “da Cesare” e guai a chi mi nomina il Perù

P.S. il titolo è dedicato alla fantastica invenzione della “Domenica ecologica”, che una volta al mese, fino a marzo, mi terrà segregata fuori dal raccordo dalle 9 alle 17. Grazie, non potevate far scelta migliore per combattere lo smog e la mia libertà.

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