mercoledì 25 giugno 2014

Praga, secondo giorno

(data originale post: 07/06/2011)

La colazione dell’hotel è un po’ deludente e molto “confezionata”. Ci sono anche un po’ troppi ospiti, per i miei gusti, o forse non sono troppi, sono solo un po’ indisciplinati, come tutti i turisti di massa che si rispettino, e dato che anche le bevande sono self service, un’allegra combriccola di vecchietti inglesi crea un po’ di intoppo attorno alla macchinetta del caffè.
Ma in vacanza si prende tutto con più leggerezza. Si aggirano abilmente i vecchietti, ci si rifocilla in un tavolo appartato, e si esce in una mattinata dal cielo azzurro arrampicandoci sulla salita per il castello.
Per la strada ci sono tante piccole cose da guardare: la botteguccia con i pupazzi curiosi, i ristoranti sotto i portici con i cartelli acchiappaturisti, i colori dei palazzi che non sono mai uguali tra loro, le insegne degli hotel, piccoli spiazzi con alberi dai fiori profumati. Così la salita sembra più leggera e si arriva in breve tempo alla nostra meta.
Parlare di Castello è riduttivo. Perché si penserebbe al classico edificio circondato da torri e mura, ma non sarebbe sufficiente in questo caso. Le mura ci sono, ma oltre al palazzo reale vero e proprio, al suo interno si trovano la bellissima cattedrale gotica, un convento, una basilica, e diverse gallerie d’arte.
Ci si passa un bel po’ di tempo, tanto che acquistando un biglietto per la “visita lunga”, c’è la possibilità di tornare il giorno seguente per continuare il giro dei vari edifici con calma.

La cattedrale di San Vito

Trascorriamo qualche ora a visitare la chiesa, le sale del palazzo e una galleria di dipinti davvero notevole.
Poi decidiamo di conservare una parte delle attrazioni per il giorno seguente, scendiamo lungo una collina coltivata a vite fino alla metropolitana, e da lì con un paio di fermate siamo di nuovo vicino al quartiere ebraico. Da lì si scende sul lungofiume, agli attracchi dei traghetti che partono per le minicrociere sulla Moldava. Prenotiamo una cena sul battello con musica jazz per la sera, di cui vi racconterò più in là, e poi ce ne andiamo a pranzo presso un locale storico, segnalato dalle guide di tutto il mondo: la Birreria U' Fleku.

Questo locale è davvero un’istituzione di Praga, tanto che il suo sito web ha un’aggiornata versione persino in italiano (cosa rara in città è trovare indicazioni in una lingua straniera che non sia l’inglese). Ci è stato consigliato da fonti fidate, come un posto da non perdere, e anche la nostra mini-guida lo segnala come un ristorante un po’ turistico, ma da visitare per l’atmosfera e l’ottima birra. Il birrificio ha più di 500 anni e, diciamocelo, ancora oggi lavora alla grande: la sua birra scura è davvero deliziosa.

All’ingresso i camerieri sono un po’ spicci, ma gentili, e ci trovano subito posto in una delle nove sale disponibili. In un’altra ha abilmente dirottato una comitiva di giapponesi incuriositi, ottimo, penso io, ma mi rabbuio un attimo quando sento il suono di una fisarmonica e vedo un omino che gira tra i tavoli in cerca di mance. Lì per lì ci resto male…in genere non amo molto questo genere di folclore un po’ forzato, anzi, se posso lo fuggo senza pensarci due volte, ma fiduciosa nei confronti dei miei “informatori” prendo posto al tavolo e le mie aspettative iniziali non vengono deluse.
Senza che nessuno abbia ordinato, il cameriere ci piazza sul tavolo due meravigliosi boccali di birra scura. Anche se non richiesti sono ben accolti, del resto la tradizione vuole che al tavolo sia portata birra ogni volta che il boccale si svuota e fino a quando i commensali non decidono di fermare la “corrente alcoolica”. Oltre alla birra arriva anche un bicchierino del liquore locale più famoso, la Becherovka, creato nel 1800, a base di piante e spezie, bevuto sia come aperitivo sia come digestivo.

L'interno della birreria U'Fleku...e il folcklore locale

In attesa dei nostri piatti, sorseggiamo le bevande, e in breve tempo l’allegria prende il sopravvento. Persino l’imbarazzante vecchietto che suona diventa una nota di colore in più, ma non è solo l’alcool che trasforma le cose, è l’atmosfera, perché in questo posto, turistico o meno, si sta proprio bene. Anche i cibi si rivelano all’altezza, con salse gustose e i soliti gnocchi che stavolta sono davvero più buoni. Unica nota deludente è stata il dolce. Volevo assaggiare, anche se ormai sazia dopo il consistente piatto unico, le palacinke, crepes dolci ripiene di frutta, che già avevo adocchiato con aria golosa in un altro locale. Peccato che in questo ristorante la frutta in questione fosse in scatola e per di più sciroppata. Peccato, perché la presentazione prometteva bene: montagna di panna, decori di topping al cioccolato…ma alla fine nulla di più di una crêpe dozzinale…e vabé, un neo superabile, anche perché ormai sono ubriaca da un pezzo e vittima di un memorabile attacco di risate incontrollabili. M. cede alla seconda birra, poi, dopo aver saldato un conto più che onesto, usciamo satolli e soddisfatti dirigendoci verso la prossima meta, il museo dedicato a Mucha.

Piccola premessa pre-museo: avevo già conosciuto questo autore, sia da qualche disegno catturato qua e là, sia visitando una bellissima mostra colta per caso un paio d’anni fa a Barcellona. Ero rimasta incantata e mi ero ripromessa di visitare il Mucha Museum di Praga, tanto da considerarlo destinazione imprescindibile di questo viaggio. Mi aspettavo più piani dedicati al pittore-illustratore, ero rimasta già incantata davanti alla vetrata della chiesa di San Vito su cui avevo riconosciuto le sue inconfondibili figure femminili, perciò vedere che il mitico museo esauriva tutta la sua collezione in un paio di sale mi ha lasciato un po’ delusa. La visita, quindi, si è rivelata più breve e meno interessante del previsto, così abbiamo lasciato l’edificio con perplessità e abbiamo proseguito la nostra passeggiata per il centro. Sul percorso improvvisato incontriamo altri edifici colorati, chiese, vicoli pittoreschi. Torniamo in hotel anche stavolta con i piedi fumanti, è comodo avere una città dove puoi raggiungere tutto a piedi, ma spesso sottovalutiamo il fatto che durante la vita di tutti i giorni passiamo la maggior parte del tempo seduti al pc, e questo si fa sentire. Ma una bella doccia rimette tutto a posto, e c’è ancora una serata particolare che ci aspetta, con un traghetto attaccato al molo sotto Ponte Cechuv pronto a portarci a spasso per la Moldava.

 Arriviamo in anticipo, godendoci il sole su una panchina del lungofiume. L’imbarco è più che puntuale, e il tipo dei biglietti aveva ragione: la serata è davvero “sold out”, vista la gente che in una coda ordinata si appresta a salire sulla barca. Il nostro tavolo è in un buon punto della nave, vicino alla finestra, dobbiamo dividere il tavolo con altre 4 persone, ma arriviamo per primi e scegliamo senza problemi i nostri posti a sedere. La Jazz Boat comincia a riempirsi, arriva al nostro tavolo una coppia di italiani dall’aria un po’ snob. Avevano prenotato via Internet e probabilmente sono rimasti delusi dal fatto di non trovarsi da soli. Lei si era preparata per una serata ultra chic: vestito in raso rosso cupo, spilla di strass, smalto e rossetto dello stesso colore del vestito, capelli con boccoli freschi di bigodino…ci guarda da dietro gli occhiali firmati con aria un po’ dubbiosa, noi, alla mano e vestiti in jeans, forse non si aspettavano nemmeno altri italiani potenzialmente pericolosi per la quiete della loro serata romantica. Io e M. la prendiamo allegramente, a me fanno anche un po’ tenerezza e immagino facilmente il loro disappunto nel vedere che la situazione non è proprio quella che avevano immaginato…e per fortuna dopo pochi minuti arrivano anche le altre persone che divideranno il tavolo con noi. Si tratta di una coppia di americani socievoli e informali, felici di aver incontrato qualcuno che parli inglese dopo vari giorni di viaggio. Sono di Orlando, in Florida, e prima di venire a Praga hanno trascorso qualche giorno a Parigi. Sollevati dalla simpatia e dal calore dei nuovi compagni di avventura, chiacchieriamo con loro in attesa della partenza.

La mini-crociera sulla Moldava è un’esperienza da non perdere per chi visita la città. Forse per me sarà stata anche la sorpresa della prima “cena sul fiume”, ma guardare le rive e gli edifici illuminati dallo specchio d’acqua ha un fascino tutto particolare e offre un punto di vista diverso sulle attrazioni già visitate durante il giorno. Il battello scivola sull’acqua mentre il sole tramonta, nel frattempo un’allegra banda di attempati jazzisti si scatena sulle note di vecchie canzoni in stile dixieland. Le chiacchiere, il vino, il cibo di qualità, il servizio efficiente e gentile, le promesse del volantino trovato in hotel sono tutte mantenute. A metà serata saliamo al piano superiore, all’aperto, per gustarci al meglio il panorama sulla città. Ai passeggeri seduti all’esterno il personale ha distribuito delle calde copertine in pile. Si sta proprio bene, nonostante l’umidità dell’aria, il viaggio procede sorridente e “festoso”. Una bella serata, e la musica, anche se non è il nostro genere, ci sta così bene che decidiamo di acquistare il cd della band per riportare a casa un po’ di quel sound fuori dal tempo.

 Vista dalla Jazz Boat

La barca fa un’inversione di cui nemmeno ci accorgiamo, e dopo due ore e mezza ci riporta sul molo sorridenti e soddisfatti. Torniamo a piedi all’hotel, a quell’ora Ponte Carlo è ancora più affollato che di giorno, e non solo di turisti tranquilli…ci sono anche gruppi di ragazzi italiani (quelli che ti fanno vergognare incontrandoli quando sei in giro) che schiamazzano e cantano a squarciagola. A parte il gran casino sembrano inoffensivi, sicuramente molto su di giri, e li supero per strada sperando che nella notte non incontrino teppisti locali altrettanto animati da patriottismo zelante (l’inno di Mameli urlato come una canzonaccia da stadio in quel posto tranquillo e pieno di storia suona quasi come una bestemmia).


La serata si conclude senza intoppi, la bottiglia di vino bianco comincia a farsi sentire, e il sonno ristoratore non tarda ad arrivare. Prossima tappa: la collina di Petrin.

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